lunedì 19 dicembre 2011

Un #blog "di classe" - #scuola #economia #lunardi



Nelle scorse settimane sono stato invitato da Oliviero Filippini e Flavia Bettoni, due professori dell'I.I.S. Lunardi a tenere una lezione in classe sull'economia bresciana. Sperimenteremo insieme la costruzione di una lezione interagendo per un mese intero con gli studenti di tre classi quarte, anche attraverso il blog.

Un'idea affascinate. Nel 1995, quando ero io rappresentante d'istituto dell'Itc Grazio Cossali di Orzinuovi una delle battaglie fatte fu per avere la connessione Internet a scuola (non un'aula ma un solo pc collegato, sono sempre stato minimalista nelle mie cose). A quel tempo mi rispondevano che "a scuola si viene per studiare, non per giocare al computer". Tre anni dopo guadagnavo scrivendo sul web (di giorno, mentre di sera facevo il barista).

Con me ci sarà anche Giacomo Treccani, responsabile fino al 31 dicembre delle missioni imprenditoriali all'estero di Pro Brixia, l'azienda speciale della Camera di Commercio di Brescia, esperto di marketing con esperienze lavorative in realtà come Ferrero e Parmalat.

Nei prossimi giorni quindi pubblicherò ciclicamente dei post di risposta ad alcuni quesiti degli studenti. Il blog servirà per avviare un canale di comunicazione da qui al 20 gennaio prossimo. Ovviamente i ragazzi se lo riterranno opportuno potranno commentare o fare ulteriori richieste dopo le risposte (con la richiesta di essere il più liberi, diretti e meno formali possibile nel porre eventuali domande, proprio come farebbero su un qualsiasi blog scollegato dalla loro esperienza scolastica).

Nell'ambito del programma di Economia Politica i due docenti stanno cercando di connettere le informazioni provenienti dai manuali scolastici, spesso un po' generiche e astratte, con quelle provenienti da altre fonti più legate alle attuali problematiche economiche e sociali.

In questo contesto ha preso corpo il Progetto "frammenti concreti di economia politica" che prevede 3 momenti di incontro sui temi attuali dell'economia e della finanza. Il primo di questi incontri si svolgerà appunto il 20 gennaio sul tema "Le imprese bresciane e l'economia internazionale". In seguito vi saranno altri due incontri con esperti esterni: sul tema delle Banche e del debito sovrano l'uno, sull'esperienza della Banca Etica e delle Banche del Tempo l'altro.

I due insegnanti promotori hanno voluto condividere alcune considerazioni con me via mail:

Il pericolo di queste iniziative è spesso la distanza siderale fra le relazioni degli "esperti" e le competenze generali/capacità di ascolto/cultura specifica sull'argomento da parte del pubblico (ancor più se studenti), a cui si aggiungono spesso gli aspetti logistici e specifici di una comunicazione uno a molti. L'efficacia stessa delle iniziative è spesso compromessa dalla problematica sopra descritta, al di là delle buone intenzioni degli organizzatori.

Per cercare di avvicinare il pubblico ai relatori abbiamo iniziato da settembre ad approfondire nelle classi coinvolte i problemi attuali e concreti dell'economia internazionale, i "nuovi" soggetti emersi, la crisi di una visione del mondo legata a schemi in gran parte superati ed a stereotipi sempre meno rispondenti alla situazione effettiva dei rapporti internazionali.

Gli studenti ora sanno che la Land Rover e gran parte della siderurgia europea sono in realtà indiane; che la Cina sostiene il debito pubblico degli USA comprandone i titoli, ed esporta merci di qualità sempre più alta in occidente; e nel contempo "si sta comprando l'Africa"; che il Brasile è su livelli di crescita paragonabile a questi Paesi, ma, unico caso nella Globalizzazione Mondiale, sta riducendo le disuguaglianze sociali al proprio interno; e poi ci sono la Russia, il Sudafrica, la Turchia e altri Paesi ancora che stanno già oggi giocando un nuovo ruolo nell'economia mondiale.

Nel contempo Stati Uniti ed Europa rischiano il declino, forse inevitabile, se non il crollo rapido nelle condizioni di vita. Si tratta di trovare il proprio nuovo ruolo nell'economia internazionale, per esempio "esportando regole", attraverso merci di alta qualità tecnologica ed ambientale, prodotte da una popolazione che gode di condizioni di welfare (questo è quanto fa la Germania).

L'alternativa è un patetico tentativo di fare una concorrenza basata sulla pura riduzioni di costi con Paesi ancora molto distanti da noi, ma che spesso hanno una forza lavoro qualificata ed una popolazione molto motivata alla crescita economica.

L'Italia, con l'enorme ipoteca del proprio debito pubblico e delle ragioni che l'hanno determinato, deve trovare la propria "mission" in questo scenario mondiale. Questa almeno la tesi di Federico Rampini, sui cui scritti si è in buona parte fondato questo lavoro di approfondimento.


Una analisi a grandi linee condivisibile, soprattutto nell'approdo al discorso sulla "concorrenza da non fare basandosi sulla pura riduzione dei costi".

Nel frattempo ho ricevuto dagli studenti alcune domande che riguardano l'andamento dell'economia bresciana in relazione a questo scenario. Si vuole sapere, per esempio, di esportazioni e delocalizzazioni delle imprese bresciane, o ancora: quale preparazione è utile ai giovani tecnici di domani.

Nei prossimi giorni - supportato anche da opinioni e analisi statistiche del Centro studi dell'Associazione industriale bresciana e dagli spunti dell'ex presidente Apindustria, Flavio Pasotti - avvierò in forma sperimentale questo canale comunicativo.

mercoledì 30 novembre 2011

Mumbai bye - #india #viaggi

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=e8EipmV3TBE&w=420&h=315]

Se Rio de Janeiro, che ho visto per la prima volta a fine maggio, è la città delle contraddizioni, Mumbai (la vecchia Bombay) è LA contraddizione.

Non riusciremo a capirci se non ridurremo la lingua a sette parole, diceva il vecchio Gibran, saggio libanese navigatore. Lo capisci quando l'uomo viene messo di fronte alla sua umanimalità. Come nelle strade di Mumbai, dove puoi essere comunista o capitalista, comunitario, libertario o identitario, agnostico o religioso, razzista e pure fascista e convinto della tua superiorità, dove puoi essere solo te stesso e tutto è possibile. Dove sei di fronte al nulla, nudo, ed alla sua crudezza, affamata. Dove l'individualità mitizza l'individualità calpestata.

Nulla è più disarmante del tutto è possibile. Distruttivo e rivoluzionario nel punto in cui il destino si incrocia con il libero arbitrio e l'opportunità con il niente.

Ti viene da ribellarti dicendo no, non siamo frutto della stessa umanità.
Sei libertario e ti aggrappi agli spiragli di un sistema che non c'è.
Sei capitalista e assaggi la contraddizione della pancia gonfia che ti limita i movimenti.
Sei umanitario e ti volti per riscoprire la tua essenza isolandoti dal resto, un razzista in preda ai tuoi pensieri di diversità.
Vorresti essere comunista per rifugiarti in un diritto di nascita, e già ti senti mancare lo spazio all'orizzonte.
E cos'altro di insensato puoi essere quando ti trovi di fronte la tua umanimalità che ha mani e piedi diversi dai tuoi?

Cosa dire di una città del caos dove anche essere il nulla è lecito. Dove i bambini rovistano pane tra i rifiuti. Piccoli imprenditori affamati della loro crescita rachitica. Dove nessuno ha colpa perchè vivere non è colpa e morire solo un effetto indotto dal risveglio.

Dove nessuno si rialza se nessuno tende una mano e nessuno resta in piedi se tutti restano somma, ma non prodotto, dei loro desideri.

Il cambiamento si può solo governare. Il riscatto è la moneta del prigioniero.

E' sporca la città, tutto cercherà
Di condurre sino a te e io no.

(Manuel Agnelli)

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=Iyt16efRrBo&w=560&h=315]
(nel video le immagini del flash mob di domenica alla stazione di Mumbai)

Vedi amore, i viaggi con te
giocano ad inseguire orizzonti,
intrappolano emozioni senza parole:
lì nascono e dentro noi, morendo, vivono.

Vedi amore, i viaggi senza te
perchè solo abbiano un senso
che non sia la mia solitudine
sono aliti da regalare al mondo.

I viaggi con te
sono istantanee morenti
che di sangue, solo, vivono. (g.a.)

mercoledì 16 novembre 2011

Un ministro per internet. Ma stiamo scherzando? - #innovazione #rimontiamo #monti #montifacts @massimosideri



Ho appena letto il pezzo di Massimo Sideri sul Corriere della sera.

Beh, se voleva far discutere ci è riuscito. Se voleva sollevare sdegno anche. Cercherò di contenere il DISSENSO TOTALE provando a manifestarlo nel modo più diplomatico che conosco.

Sideri chiede di istituire un ministero per Internet.

E afferma:

Il web è ormai il 2% del nostro Pil. È ora di un ministro di Internet? Un'industria con tassi di crescita del 18% annuo. Serve qualcuno che sappia dialogare con il mondo delle start up

...

E dunque è probabile che nella prossima legislatura avvenga il sorpasso: più Internet, meno cabernet, rielaborando un vecchio e famoso graffito popolare.

...
Ogni lunedì su Twitter faremo il punto. Vediamo quanto ci vorrà per avere un dicastero che capisca cos'è un mouse.


Una proposta del genere mi pare totalmente scollegata dalla realtà, figlia di una cultura retrograda, superata, dirigista (ma purtroppo non minoritaria nel Paese) in ossequio al peggior burocratismo possibile.

Dobbiamo trovare qualcuno che dialoghi col mondo delle startup? Tutti i ministri devono farlo perchè ogni startup può dare a loro (non alla rete) un valore aggiunto. La rete esiste ed esisterà a prescindere, è il Paese a giovarsi della sua presenza.

Lo dico chiaramente. Se il futuro sarà "più Internet, meno cabernet" (che è un bello slogan ma la sua validità non va al di là dell'assonanza) avremo fallito. Perchè se ci sarà più Internet fatto in modo intelligente ci sarà anche più cabernet! Ignorare questo è ignorare l'essenza stessa della rete.

Credo che si commettano 3 ERRORI DI FONDO, che vanno al di là della critica, fondatissima e di stampo antipolitico, che in molti in rete stanno già facendo, ovvero: "Un ministero bloccherebbe l'unica cosa che funziona".

1. IL WEB E' SERVIZIO.
Pensare a Internet come ad uno strumento fine a se stesso, scollegato da tutti gli altri settori fa parte di quella cultura uccisa dalla prima bolla speculativa, quando banalizzando si pensava che il web sarebbe stato il veicolo di un mercato pubblicitario infinito fatto di connettività.

Il web è terziario avanzato, è un acceleratore di business per tutti i business che noi abbiamo conosciuto finora.

Sta nella realtà, per questo non ho mai amato la distinzione tra internet e mondo reale, ed è alla realtà che dà un contributo, non a un suo mondo astratto.

Internet è un mezzo non un fine, ed è capace di veicolare informazione su campi dove l'Italia può davvero essere un riferimento mondiale.

2. IL WEB E' LIBERTA'.
La rete per sua stessa natura sarà sempre un passo avanti a tutte le leggi e le programmazioni nazionali ed internazionali. Perchè è esperienza diretta e immediata. Per quanto si voglia pensare ad una strategia il web sarà sempre un passo avanti:
- gli hacker nascono dirottatori e finiscono a fare sicurezza per le aziende
- il web come strumento di scambio e apprendimento arriva molto prima di ogni altro media di massa (e potenzialmente questa influenza sarà infinitamente crescente), è un media immediato: questa la sua grandezza
- internet per sua natura è anarchico, e quindi ha bisogno di ottimi tecnici e di conoscenza, i politici vengono molto dopo (il più tardi possibile)
- la rete è un luogo senza spazi e senza tempi che gioca d'anticipo
- la rete non innova perchè è innovazione in sè! (lo ha capito bene Zuckerberg, criticato quando rinnovava Facebook radicalmente e quindi passato ad un work in progress costante in grado di mutarti l'interfaccia quotidianamente senza che tu te ne accorga)

3. IL WEB E' TUTTO.
Sarebbe assurdo avere ministro di Internet, perchè questo sarebbe il ministro di tutto. L'ultimo governo Berlusconi aveva 24 ministri, e tutti, se avessero avuto un minimo di collegamento con la realtà, con il Paese che cresce e non con quello parassitario che tira a campare, oggi dovrebbero essere dei guru del web!

Mi chiedo, davvero non capiamo perchè Internet doveva stare al centro dei pensieri del ministro per la "Pubblica amministrazione e l'Innovazione" (!!!), delle "Pari opportunità", dei "Rapporti con il Parlamento", della "Semplificazione Normativa", della "Sussidiarietà e il decentramento", e ancora "Economia e Finanze", "Sviluppo Economico", "Politiche Agricole, Alimentari e Forestali", "Infrastrutture e Trasporti" (!!! la banda larga !!!), "Lavoro e Politiche sociali" (!!!), "Salute", "Istruzione Università e Ricerca" (!!!). E sono solo i primi in cui trovo un collegamento diretto per quella che è la mia conoscenza limitata del web!

Trattare Internet come un ambito della politica significa non capire che Internet è la politica nella sua essenza! Perchè è opinione, necessità di comunicazione, capacità di stare sui contenuti, concretezza quotidiana, innovazione, nuova strumentazione, decostruzione e ricostruzione di vecchie metodologie su basi più efficienti e dinamiche.

Davvero, quando leggo certe cose mi sembra di sognare. Siamo davvero così indietro da pensare che un ministro per il web abbia minimamente senso?

lunedì 14 novembre 2011

5 idee da 2 miliardi di euro sul taglio dei costi della politica - #finecorsa #rimontiamo #oramonti @openparlamento



Tutti speriamo che questo Parlamento nell'anno che separa i lavori in aula dalle urne si concentri nell'unica riforma in grado di dimostrare responsabilità e serietà e ridare parzialmente, ma in maniera diretta, fiducia nei politici: il taglio dei costi della politica.

(Volendo essere maligno aggiungo: per molti di loro si tratterebbe anche di una riforma sostanzialmente a costo zero sul piano personale visto che l'auspicio è che la prossima legislatura porti anche ad un ampio rinnovamento dell'attuale compagine).

Per entrare nel merito, sono giunto ad alcune convinzioni dopo aver curato nel mese di agosto su Bresciaoggi un'inchiesta (in chiave locale, ma non solo) sui costi della politica, in 5 capitoli: parlamento, regione, provincia, comuni, vitalizi dei parlamentari. Dopo l'inchiesta posso delineare

5 PERCORSI CONCRETI PER TAGLIARE
DI 2 MILIARDI ALL'ANNO
I COSTI DELLA POLITICA.


1. PARLAMENTO: MONOCAMERALISMO,
RISPARMIO DI UN MILIARDO DI EURO


Con l'abolizione del Senato si risponderebbe a una delle critiche più comuni: il nostro bicameralismo si basa su due camere con funzioni identiche, ovvero sul sostanziale fallimento dell'idea dei costituenti di Senato come camera delle regioni.

Sul numero dei parlamentari il problema non è il numero assoluto ma il significato della rappresentanza. Più che stabilire se avere una camera da 630 o da 500 deputati quel che conta è che ogni seggio abbia un forte valore territoriale e che la distribuzione dei seggi sia valutata in base a tre parametri: estensione geografica, prodotto interno lordo e numero di abitanti del collegio elettorale.

Sugli stipendi dei parlamentari il miglior parametro è quello suggerito da lavoce.info (e da me scovato su Linkiesta), ovvero parametrare gli stipendi dei parlamentari in base al livello di benessere del paese, ovvero al Pil pro capite.



Il grafico qui sopra mostra chiaramente come in tutti i paesi europei ci sia una sostanziale proporzionalità diretta tra stipendi dei parlamentari e benessere dei cittadini. Infatti, al di là dei discostamenti, si può seguire una linea crescente che ha una sola eccezione: l'Italia.

I nostri parlamentari ci fanno vivere come Grecia, Slovenia e Cipro, ma pagano se stessi più di Olanda e Austria (prendono quasi il 30% in più dei loro colleghi austriaci che sono i meglio pagati ma anche il secondo Paese per Pil pro capite d'Europa!!!).

- Concretamente adottare questo parametro significa decurtare lo stipendio annuo da 150 mila euro a 50 mila euro l'anno (all'incirca il 66%). Ovviamente il parametro dovrebbe essere adottato anche per tutte le spese parlamentari connesse. Considerando che camera e senato costano ogni anno 1 miliardo e 600 milioni di euro in termini di spese correnti (per la precisione 1.638.473.981 euro secondo i dati di bilancio pubblicati dalle due camere, un miliardo la sola Camera dei deputati) si deduce che il passaggio al monocameralismo ci porterebbe (milione più milione meno...) a risparmiare UN MILIARDO di euro.

2. COSTI DEI CONSIGLI REGIONALI DIMEZZATI.

Il taglio degli stipendi dei consiglieri regionali può essere fatto in maniera identica a quelli dei parlamentari e parametrato su dati europei.

Qui il quadro è più variegato, ma con approssimazione possiamo prendere il caso della Lombardia, dove ogni consigliere prende sui 10.800 euro netti al mese (con diverse voci variabili in gioco). Per semplificare paragoniamo la regione più ricca d'Italia alla media delle regioni tedesche, da sempre considerate un modello di efficienza, che si attesta intorno ai 4.500 (con differenziazioni notevoli da regione a regione in ossequio alla totale indipendenza finanziaria). Siamo ad un rapporto 2:1. Il funzionamento del consiglio regionale costa 73,050 milioni (stando al bilancio annuale pubblico dell'organismo). Il dimezzamento è quindi sostanzialmente possibile e porterebbe a un ulteriore risparmio di almeno 35 milioni nella sola Lombardia, che tuttavia è la più ricca. Moltiplicato per venti e parametrato ai vari casi porterebbe non meno di 400 milioni di euro di risparmi.

Nota a margine: il consiglio regionale lombardo ha iniziato da quest'anno a risparmiare. ma i primi tagli li pagheranno i precari e i dipendenti, non i politici!!

3. ABOLIZIONE DEI CONSIGLI PROVINCIALI, NON DELLE PROVINCE

Il consiglio provinciale di Brescia nell'ultimo anno è costato 456 mila euro lordi che diviso per 12 mesi e 35 consiglieri dà una indennità media netta per consigliere provinciale da 1.086 euro lordi al mese, ovvero 706 euro netti. Briciole. Significa arrivare al massimo a una 50 milioni a livello nazionale. Che tuttavia sono rinunciabilissimi.

Un recente studio di Luigi Olivieri (collaboratore della società dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e del Centro Studi e Ricerche sulle Autonomie Locali di Savona) ripreso online da lavoce.info, mostra però come il taglio delle Province potrebbe generare un risparmio nominale di 2 miliardi di euro (su 12 totali spesi ogni anno). Ma si tratterebbe di costi amministrativi (non politici!!) che verrebbero traslati poi sulle Regioni. L'effetto sarebbe quello di spostare sostanzialmente da una contabilità all'altra con il rischio di un aumento dei costi.

Se tuttavia si adottasse una legge elettorale in grado di ricalcare quella per il parlamento (come descritto sopra) si potrebbe introdurre una rappresentanza territoriale nel consiglio regionale, ed in questo modo si avrebbero consiglieri regionali funzionalmente legati al territorio.

4. DIFESA DEI COMUNI,
NUOVE ENTITA' POLITICO-TERRITORIALI
DA ALMENO 15 MILA ABITANTI:
MEZZO MILIARDO DI RISPARMI ALL'ANNO


Il problema, come nel caso delle Province, non è quello di tagliare costi amministrativi ma POLITICI e di rappresentanza.

Uno studio dell'Osservatorio degli enti locali ha stimato in 1,661 miliardi di euro i costi della politica nei Comuni.

Il dato comprende gettone del sindaco, degli assessori e dei consiglieri comunali, compenso del revisore dei conti, assicurazioni per amministratori, spese per le ricorrenze istituzionali, gemellaggi, associazione (Acb e Anci in primis), spese di rappresentanza, rimborsi agli amministratori, personale di segreteria se assegnato agli amministratori, auto blu, altri acquisti di beni per organi istituzionali e prestazioni di servizi per organi istituzionali.

Cosa dice questo studio?

Innanzitutto che il mantenimento dei consigli comunali nei comuni più piccoli (con meno di mille abitanti) ai singoli cittadini costa più del doppio rispetto alle altre realtà: 64 euro all'anno contro i 27 di media nazionale.

Alla luce di questo dato si capisce che l'esigenza per i piccoli comuni non è tanto quella di avere un consiglio comunale quanto un rappresentante che porti le istanze della sua piccola realtà in un organismo più grande.

Questo anche perchè - come sa chiunque abbia una infarinatura di economia - ragionando su risorse economiche più numerose è possibile razionalizzare meglio le spese. Ovvero garantire migliori servizi a minor costo. E del resto il fenomeno degli ultimi venti anni sono i consorzi servizi in grado (si spera) di gestire in maniera più efficace ed efficiente risorse maggiori.

Il tema quindi è quello di una legge elettorale comunale che anche qui garantisca rappresentanza diretta alle comunità locali nei consigli comunali.

Supponiamo l'aggregazione tra un comune A di 13 mila abitanti, un comune B di 3 mila abitanti un comune C da 2 mila abitanti e due mini-comuni da 500 abitanti l'una. Se l'organo conservato fosse quello del Comune maggiore precedentemente esistente si dovrebbero eleggere 20 consiglieri, grosso modo un consigliere ogni mille abitanti.

Quale risparmio genererebbe?
Sostanzialmente cancellare tutte le spese per organi istituzionali di comuni sotto i 15 mila abitanti sempre stando alla tabella dell'Osservatorio enti locali si arriverebbe a circa 460 milioni annui risparmiati

5. VITALIZI DEGLI EX PARLAMENTARI

Ogni anno la spesa nazionale è di 200 milioni di euro: quasi 62 pagati da palazzo Madama, gli altri 138 da Montecitorio. (A Brescia sono 28 i beneficiari).

Anche qui non esiste uno studio puntuale, ma faccio un ragionamento di equità più che puramente matematico. Il vitalizio dovrebbe essere corrisposto solo al compimento del 65esimo anno di età (o 67esimo in caso di riforma delle pensioni in questo senso). e valutato comunque su base contributiva (ovvero in base a quanto realmente versato, non in base allo stipendio percepito) e non retributiva, come attualmente avviene, andandosi a cumulare con tutti gli altri contributi versati.

sabato 12 novembre 2011

La web economy tra curiosità e resistenze - #summitbs



Il Summit 2011 di Aib ha confermato in pieno il momento culturale che le aziende (bresciane, ma mi verrebbe da dire italiane tout court) stanno affrontando. Cito un commento arrivato ieri al mio precedente post sul tema.

Tutti ormai vedono di buon occhio computer, internet, palmari, posta elettronica. Hanno capito che l’informatica aiuta ma si ostinano ad utilizzarla per velocizzare in alcuni passaggi i workflow radicati da 30 anni. Usano i pc come comode macchine da scrivere che non necessitano di carta carbone. Usano internet come una volta si usavano le pagine gialle e google maps nello stesso modo in cui usavano Tuttocittà. Excel come i quaderni registro. Stampano quantità inimmaginabili di documenti per spedirli via fax e buttarli nel cestino un minuto dopo.


Alla tavola rotonda che ha chiuso la lunga giornata di Summit 2011 è emerso proprio questo atteggiamento. Soprattutto il passaggio che ho evidenziato in neretto. Su Bresciaoggi ho sottolineato:

una volta ottimizzati i processi e i prodotti resta poco da fare. La managerialità, l'amministrazione, il valore aggiunto in termini di servizio ai clienti, non sono ancora percepiti come ambiti ottimizzabili.


e ieri sera un amico imprenditore a proposito dell'affermazione sentita ieri da un suo collega durante la tavola rotonda, che sostiene: "non ho fatto una analisi approfondita ma le aperture del cloud computing non fanno per noi", in un rapido scambio di sms mi ha fatto notare: "Vedi, il problema non è che non li usano, è che non sanno cosa sono".

Nulla di nuovo sotto il cielo quindi? Tutt'altro.
Ho colto con un sentimento estremamente positivo la partecipazione (almeno 150 aziende su 250 presenti totali) al convegno di ieri in Aib. Ultimamente non avevo mai registrato questo tipo di numeri. Ed infatti per me la notizia è questa: manca la cultura, è vero, ma l'interesse c'è. In altre parole: esiste un mercato potenziale da alfabetizzare.

L'evento Aib si è accodato ai numerosi visti a Brescia in questi ultimi mesi: quelli degli sviluppatori del gruppo Webdebs.org, il barcamp estivo Pane web e Salame di Uncle Pear e Viral Farm e il recente startup weekend. Il compito ora è quello di riuscire a far dialogare questi due mondi, magari già a partire dall'Imw (uno storico appuntamento bresciano sui temi dell'innovazione che dopo felici esordi è stato progressivamente lasciato sfumare) che il Gruppo Giovani proverà a rilanciare nella primavera prossima.

Cosa manca oggi?
A mio modo di vedere una progettualità logica che capisca quali sono i passaggi chiave che devono affrontare le aziende per compiere la loro evoluzione verso gli strumenti del web 2.0.
Un percorso che secondo me è in tre step principali:
1. LA SCOPERTA (attualmente in atto e testimoniata a Brescia e provincia dalla presenza di ben 32 agency solo web) scoprire la comunicazione verso l'esterno e l'importanza del marketing attraverso internet e i social media.
2. IL SALTO CULTURALE (il prossimo passaggio) capire che il web 2.0 ha letteralmente inventato alcuni strumenti che possono servire non tanto nei processi produttivi quanto in tutto il flusso di lavoro aziendale, a partire da una managerialità rinnovata nel metodo operativo
3. LA SVOLTA CREATIVA (la visione futuristica) la nascita attraverso l'esperienza di nuove aziende basate sulle applicazioni utilizzate e condivise nella vita aziendale, le tanto mitizzate startup, che se focalizzate agli strumenti della quotidianità aziendale potrebbero avere (in una terra di imprenditorialità radicata come la nostra) un futuro roseo.

Intanto non è possibile tacere l'anomalia di richieste di fondi e sostegno alle aziende innovative che purtroppo si scontrano con una realtà in cui i fondi ci sarebbero anche ma sono (per le più svariate ragioni) largamente inutilizzati.

Infine, se siete arrivati fin qui e volete ulteriormente approfondire, potete trovare la cronaca dettagliata del Summit 2011 nelle due pagine che Bresciaoggi dedica all'articolo qui e qui

lunedì 31 ottobre 2011

Startup mania, i rischi di un sistema non ancora maturo - #swbrescia #brescia #innovazione



C'è qualcosa che non mi torna nell'entusiasmo, che ho letto e sentito a Brescia in queste ore, scaturito dallo startup weekend.

L'evento in sè è stato un successo: 110 partecipanti, probabilmente il più alto numero delle 5 tappe italiane.

Fermo restando che l'entusiasmo giovanile, le idee innovative e l'operosità non possono essere viste in senso negativo, ciò che nessuno è ancora riuscito a spiegarmi è dove stiano le basi economiche in grado di creare la reale opportunità, per la crescita di un sistema di nuove imprese, a partire da idee basate su internet.

Siamo alla fase uno del web. Parlo del sistema bresciano che conosco: esistono una miriade di agenzie che sostanzialmente fanno comunicazione e marketing attraverso il web, forniscono servizi ad altre aziende e di questo vivono. Un recente sondaggio del gruppo webdebs ne ha contate ben 32. Stanno sul mercato con altre 45 aziende che fanno comunicazione anche in senso tradizionale (senza trascurare in parte il web tra i servizi offerti).

Tutto questo a fronte di 3 (tre) startup presenti.

Per uscire da ogni equivoco: startup è un bel nome in inglese che significa "azienda appena aperta che non genera reddito", aggiungo io "che sta spendendo i soldi di un finanziamento ricevuto (che sia il nonno o una banca conta poco ai fini pratici)" ed anche "la cui sostenibilità entrate-uscite nel tempo non può essere garantita da nessuno".

Pensare una startup significa avere un'idea da mettere sul mercato, da far crescere in termini di utenza e notorietà e da portare infine al successo economico.

Il sistema funziona negli Stati Uniti perchè sopra le teste dei giovani smanettoni sta una ramificata struttura finanziaria che li asseconda, e sopra la struttura finanziaria sta un sistema imprenditoriale ricettivo fatto di realtà che potenzialmente possono inglobare le applicazioni o supportarle per farle funzionare con le loro gambe.

In Italia manca tutto questo. Ma nessuno è colpevole dello stato di fatto, nessuno ha causato questa situazione in malafede.

Ce la possiamo prendere con la banda larga, con gli investimenti assenti, con le banche tirchie o con qualsiasi pioggia colpa del governo ladro, ma alla fine scopriremo anche un problema di fondo: le nostre aziende mancano di alfabetizzazione informatica, non utilizzano gli strumenti del web 2.0, sono organizzate secondo schemi obsoleti e utilizzano mezzi spesso superati. Ma non percepiscono il problema così come chi si trova bene a spostarsi in automobile non si pone il problema di ottimizzare gli spostamenti con un aeroplano più veloce.

Basti dire che al momento sono solo 147 le imprese che basano la loro attività di vendita sul web, anche se la Camera di commercio di Milano in un suo comunicato ha parlato di boom. Praticamente un rapporto 2:1 con le agenzie. Se poi si pensa che nel 2008 sono stati finanziati 104 progetti per 2,8 milioni di euro totali, non si può certo essere particolarmente entusiasti.

Io credo che prima di far crescere una foresta di "piccole aziende di successo" serva che le "vecchie aziende di successo" inizino ad utilizzare gli strumenti collaborativi del web 2.0.

Di questo sono convinto: non vedremo mai maturare il mondo delle startup italiane basate sul web se prima non saranno maturate da un punto di vista organizzativo le aziende tradizionali.

Parlo di Enterprise 2.0, ovvero

un insieme di approcci organizzativi e tecnologici orientati all’abilitazione di nuovi modelli organizzativi basati sul coinvolgimento diffuso, la collaborazione emergente, la condivisione della conoscenza e lo sviluppo e valorizzazione di reti sociali interne ed esterne all’organizzazione.

Dal punto di vista organizzativo l'Enterprise 2.0 è volto a rispondere alle nuove caratteristiche ed esigenze delle persone ed a stimolare flessibilità, adattabilità ed innovazione.

Dal punto di vista tecnologico l’Enterprise 2.0 comprende l’applicazione di strumenti di social computing riconducibili al cosiddetto Web 2.0 - ovvero blog, wiki, RSS e folksonomie – e, in un’accezione allargata, l’adozione di nuovi approcci tecnologici ed infrastrutturali come SOA, BPM, RIA e di nuovi modelli di offerta come il Software-as-a-Service. (da wikipedia)


Faremo il secondo passo verso il web quando riusciremo a strutturare aziende che forniscono consulenza in tema di Enterprise 2.0 quante ne stiamo creando ora per fornire servizi di comunicazione e marketing.

E' un passaggio epocale. Nel 2000 le Pmi chiedevano siti vetrina, oggi li chiedono interattivi perchè hanno capito l'importanza di dialogare con il mondo esterno (il valore del feedback più di quello del messaggio del mittente).

Il prossimo salto sarà capire che lo strumento internet può generare valore anche all'interno dell'organizzazione aziendale stessa.

A quel punto gli imprenditori, i manager, i loro collaboratori, saranno più disponibili a valutare singolarmente dei servizi a pagamento in grado di migliorare la loro attività.

A quel punto l'advertising potrà avere una evoluzione in senso utilitaristico, perchè oggi purtroppo i piccoli non adottano in maniera sistematica un sistema di calcolo di ritorni sugli investimenti pubblicitari (se così fosse il passaggio progressivo da media tradizionali meno misurabili a nuovi media più misurabili sarebbe certamente più veloce di quanto non stia succedendo).

La terza fase potrà essere quella della crescita di aziende basate sul web capaci di pensare un prodotto (applicazione) innovativo e di metterlo con successo sul mercato.

Oggi non siamo pronti.

Lo sanno bene i finanziatori delle startup, che non si assumono i rischi tecnologici (valutano solo applicazioni, software o social network già pronti per andare su strada), e nemmeno quelli di mercato (non sono interessati a capire la sostenibilità in termini reddituali dell'azienda), ma si limitano a scommettere sulla crescita.

Il valore è dato in base al successo, al numero di utenti, alla crescita progressiva dei progetti.

Tutto da buttare? Niente affatto!
Le esperienze di lavoro condiviso (ne ho parlato in un dossier per Bresciaoggi nei giorni scorsi) sono un'ottima palestra non tanto per le startup in sè ma per creare quel che manca oggi alle aziende: un sistema realmente dialogante, funzione che le organizzazioni di rappresentanza non riescono più a svolgere con profitto. Ma pensare che da lì fiorisca il settore web è semplicemente prematuro.

venerdì 28 ottobre 2011

#Brescia sul #web

Brescia non è la Silicon Valley americana e non lo sarà mai. Lo so che la frase in sè è di una banale ovvietà assoluta. Ma in questi mesi ho sentito tanti venditori di fuffa (e di viaggi a San Francisco) parlare entusiasticamente di cose che non sanno.

Di questo ed altro ho parlato ieri nella doppia pagina dedicata da Bresciaoggi (che potete scaricare in pdf qui e qui) alle agency e startup che operano in città e provincia.

Qui non esiste la cultura del rischio che porta i finanziatori a scommettere su alcune idee imprenditoriali che poi possono potenzialmente diventare i nuovi social network di successo o portare - con eguali probabilità - a enormi flop. Inutile guardare altrove con nostalgia, quella mentalità rischiosa non l´avremo mai. Da noi si costruiscono i capannoni e ci si fa la casa appiccicata dove vive il proprietario (non il custode) perchè in Italia le aziende si fanno perchè durino, in Inghilterra perchè rendano, negli Usa perchè siano vendibili. Altre mentalità. Pochi soldi in circolo, quindi. Con il vantaggio che quelli che circolano sono relativamente più sicuri rispetto agli Usa. Non tutto negativo quindi, ed infatti la situazione di partenza non ha fermato le idee. continua

lunedì 17 ottobre 2011

Jobs



Quando nel 2002 partecipai ad un forum di creativi a Rimini basato sulle applicazioni per Macintosh (ai tempi "Mac" era riservato agli affezionati, gli altri lo chiamavano per esteso), i computer pensati a Cupertino erano ancora prodotti di nicchia.

Non erano migliori nè peggiori rispetto ai dispositivi venuti dopo. Nel 1997 l'azienda era stata rilanciata dopo un lungo periodo di crisi. Esisteva dal 1976 con alterne fortune. Non era un logo alla moda. Veniva da delusioni epocali come il flop sul mercato delle console per videogiochi.

Il resto è storia recente. Quella che vi hanno raccontato in questi giorni dopo la morte dell'ex numero uno dell'azienda.

Uno che ha fatto prodotti ottimi per una vita, ma che è diventato un grande imprenditore solo nell'ultimo decennio della sua esistenza.

E' stato celebrato (meritatamente), purtroppo per lo più per sentito dire, da chi ha conosciuto prevalentemente la fase finale, ovvero quella dei suoi successi imprenditoriali, commerciali e strategici. Non i suoi prodotti (buoni da sempre) ma il suo successo planetario (arrivato dal 2005 in poi).

Quella storia della follia e della fame è poetica, ma ha i suoi pro e i suoi contro, perchè puoi anche inventare le cose dieci anni prima degli altri, ma in questo mondo se non è il mercato a decretare il tuo successo rimani un perdente (non sempre di lusso).

Interessante, in questo senso, l'analisi di Max Giuliani nella odierna rubrica su Bresciaoggi, "Linguaggi nella rete", a proposito del fiume di parole dei giorni scorsi.


Non sarebbe stato così ovvio, qualche anno fa, veder celebrare come un'icona pop un ricco imprenditore appena defunto. Mentre scrivo, la frase «stay hungry, stay foolish» dal discorso di Steve jobs alla cerimonia dei diplomi a Stanford, 2005, ricorre in Google dieci milioni e mezzo di volte (un qualunque verso di «Imagine» di John Lennon non arriva alla metà).
Se Alberoni nel 1972 distingueva le star dello spettacolo (le «élite ammirate») da altre personalità come politici, scienziati, manager (le «élite invidiate»), la distinzione appare oggi alquanto superata, a giudicare dall'emozione che ha accompagnato la scomparsa di Steve jobs, celebrato per il genio ma anche per una storia personale di quelle che ci piace sentir raccontare: non era un figlio di papà, ma aveva un'idea e ce l'ha fatta. Bisogna dire che la rete restituisce di jobs un'immagine complessa. Matteo Bordone (blog.wired.it/ifiona, giovedì 6) identifica il fattore che determina la differenza incolmabile fra «l'uomo più influente degli ultimi vent'anni di tecnologia» e tutti gli altri: è l'«affetto» che l'uomo e i suoi giocattoli si sono conquistati. Il post del 26 settembre su www.wumingfoundation.com/giap alimenta ancora la discussione: va bene apprezzare le creazioni di Apple, ma altro è l'idolatria (il numero dei suicidi nella multinazionale cinese che assembla i prodotti della mela fa meno rumore dell'inaugurazione dell'ultimo store). Pippo Civati, domenica 9 su civati.splinder.com, commenta ironicamente il successo che quel verbo «stay» («restare») ha riscosso in una «Italia immobile» che non si mette più in gioco, mentre in tanti sorridono condividendo il post «Se Steve fosse nato in provincia di Napoli» (antoniomenna.wordpress.com, 8 ottobre).
E non manca Bill Gates, che twitta: «Mi mancherà immensamente».

martedì 23 agosto 2011

#Black out a #Brescia: di chi è la colpa?

Brescia al buio per quasi 5 minuti. La città ha vissuto attimi di apprensione quando verso le 22.15 la luce è mancata in gran parte del centro storico (illuminata solo via San Faustino dove è installato un generatore aggiuntivo che punta dritto alla gru) e in molti quartieri della città. Solo in via Milano la luce delle numerose lucciole ha mantenuto la visibilità ad un invidiabile livello da mezzogiorno di luglio.

Io, che sono un professionista serio, ho fatto subito un giro di telefonate per sentire cosa ne pensano i politici e le personalità bresciane.

Alle 22.16 dopo un minuto di black out è arrivata in redazione una mail del Partito democratico secondo cui "questo black out è l'ennesima dimostrazione dell'incapacità della Giunta di garantire i servizi di base ai cittadini". L'assessore ai lavori pubblici Mario Labolani ha garantito: "Nei giorni scorsi avevo controllato personalmente tutti i lampioni della città constatando il loro perfetto stato di conservazione, certo che 10 anni di giunta Corsini possono aver alla lunga gravato pesantemente sulle strutture luminarie cittadine". Perplesso l'Udc: "Cinque minuti di black out? Quando? Dove?". Il Pdl riunito a cena al gran completo non ha dubbi: "Se in tutti questi mesi il Pd fosse stato più collaborativo non ci troveremmo in questa situazione imbarazzante nei confronti dei cittadini che chiedono una opposizione più responsabile e, possibilmente, zitta".

Il vicesindaco leghista, Fabio Rolfi è chiarissimo: "Con la festa di Radio Onda d'Urto in corso chissà quanti kwh si ciucciano abusivamente quelli! Farò subito un'ordinanza in cui imporrò di spegnere le luci a chi ha votato a sinistra negli ultimi 20 anni o non viveva in città negli anni '50 e quindi non può dirsi a pieno titolo bresciano".

Gli fa eco dalla festa della radio Umberto Gobbi, secondo cui: "La luce è un diritto di tutti, ci muoveremo affinchè ogni volta che si brucia una lampadina in città qualcuno salga su una scala per manifestare il suo disappunto, ovviamente in ore lontane dai nostri pasti". Accanto a lui Jimi, il pakistano della gru, non drammatizza: "Per noi non cambia nulla, per cinque minuti in città non si è visto nulla, ma noi sono mesi che non vediamo i nostri permessi di soggiorno". Di ritorno dalla Gmg di Madrid il vescovo Luciano Monari ha dichiarato: "Il buio è dentro di voi, uomini di poca fede, chi segue dio non può avere paura. Per il resto chiedete a Toffari". Subito contattato telefonicamente padre Mario Toffari ha dichiarato: "Mi recherò immediatamente a soccorrere chi ha smarrito la strada, sia a causa del black out che a causa di qualche pirlo di troppo perchè il fine fa la differenza, non il mezzo".

Insorge l'opposizione. Secondo Claudio Bragaglio, in polemica con il Pd: "Bisogna verificare se si è trattato di calo di tensione, di black out o di semplici lampadine non funzionanti. In ogni caso è inammissibile che i vertici di A2A qualche anno fa siano stati cambiati così repentinamente, e la cosa è di tutta evidenza anche per chi non sia in grado, come me, di capire l'esatta natura dei fatti". Laura Castelletti, di Brescia per passione evidenzia: "Nel momento del black out solo le dinamo delle biciclette hanno garantito un minimo di illuminazione, questo evidentemente dimostra come il popolo del bike mob abbia ancora una volta riportato una vittoria rispetto a chi vuole una città brutta, sporca e cattiva". Per Fiorenzo Bertocchi di Rifondazione: "Il segnale è chiaro, A2A deve uscire dalla Borsa, e i bresciani dovrebbero tornare alla illuminazione con le lampade a olio".

L'ufficio stampa di A2A, gestore delle reti cittadine, ha chiesto tempo: stanno cercando di capire su Google Map dove si trova Brescia. Il presidente della Camera di Commercio di Brescia Francesco Bettoni garantisce: "La città saprà risollevarsi con il suo spirito di iniziativa uscendo dalla morsa della crisi energetica che la sta attanagliando

Dal Giornale di Brescia fanno sapere: "E' inammissibile che la luce sia mancata in via Solferino, in questo modo si è messa a repentaglio la possibilità dei bresciani di essere informati attraverso l'unico strumento a loro disponibile nel panorama dei media". Mentre a Bresciaoggi nei 5 minuti di buio sono spariti altri due redattori, fonti ben informate hanno segnalato la loro presenza mezz'ora dopo in corso Magenta.

Non è stato possibile contattare il sindaco Adriano Paroli, perchè non si trovava al momento in città. L'ufficio stampa emetterà comunque un comunicato in sua assenza (la settimana prossima).

venerdì 12 agosto 2011

Auguri Fidel! - #Cuba #Sky #Video

[brightcove vid=1105309192001&exp3=1612750230&surl=http://c.brightcove.com/services&pubid=1445083406&pk=AQ~~,AAAAAFYiOQ4~,wE6_nns21hJ9skAUrawuU4I-5L6OVMbQ&lbu=http://video.sky.it/videoportale/index.shtml?videoID=1105309192001&w=486&h=412]

Geniale video di Sky preso da Linkiesta.

idel Alejandro Castro Ruz ha guidato Cuba per 49 anni di fila e oggi compie 85 anni. In un video di Sky.it, si può rivivere - in 100 secondi - la corsa di Fidel contro tutti, fino al “passaggio di testimone” con il fratello Raul.

giovedì 11 agosto 2011

Consiglieri regionali, stipendi oltre i 10 mila euro. Ma i tagli li pagano i precari (e i dipendenti) - #politica #Italia

Gli stipendi dei consiglieri regionali sono i più alti d'Europa. Quelli lombardi ad esempio sono il doppio rispetto ai lander tedeschi (circa 10.800 euro contro una media di 4.500 euro al mese...). Ma siccome siamo una provincia efficiente abbiamo subito provveduto a tagliare...

Ma non si tratta degli stipendi dei consiglieri (se non per la parte riguardante la diaria parlamentare): a pagare - stando a quanto pubblicato sul sito del consiglio regionale - saranno soprattutto i lavoratori precari impiegati nella struttura (alla voce «lavoro somministrato»). E tra le altre sforbiciate spiccano quelle relative alla comunicazione radiotelevisiva (che venne introdotta ufficialmente come misura di trasparenza) e alla formazione specialistica del personale dipendente, oltre al dimezzamento delle consulenze ed attività di studio.


a questi aggiungo dei legittimi dubbi

considerando anche che negli ultimi 6 anni, peraltro, rispetto alle cifre messe a bilancio previsionale, si è finiti per «sforare» di circa 12,7 milioni di euro (un paio di milioni all'anno), non pare fuoriluogo dire che anche quest'anno le spese potrebbero superare i 72 milioni di euro, ovvero più dei 71,850 mln stanziati lo scorso anno.


continua online qui, mentre qui potete trovare la seconda pagina della mia inchiesta pubblicata da Bresciaoggi sui costi della politica (qui invece la prima puntata, mentre sul giornale di domani la terza parte dedicata alle Province).

mercoledì 10 agosto 2011

Londra brucia - #londonriots #prayforlondon #riotcleanup #staysafe #ukriots

Quando i teppisti diventano un esercito e mettono a ferro e fuoco una metropoli occidentale, significa che è successo qualcosa che non si può più combattere solo aumentando il numero dei poliziotti e delle celle.


Gramellini come sempre illuminante su LaStampa.it

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=yzPbNvIzMf0&w=425&h=349]

#Parlamentari, legare lo stipendio al livello medio dei redditi - #politica #Italia

La proposta viene da linkiesta.it e da lavoce.info. L'ho ripresa oggi su Bresciaoggi nel primo di una serie di articoli in cui analizzo le spese per le strutture che ci rappresentano.

Una indagine suggerita da Matteo Pelagatti, ricercatore di Statistica economica all'Università di Milano Bicocca e ripresa online dal quotidiano linkiesta.it e dal periodico lavoce.info suggerisce di calcolare il rapporto tra lo stipendio dei deputati e il benessere economico dei cittadini (per semplicità, il Pil pro capite). In questo senso il confronto con gli altri Paesi europei è semplice e non lascia dubbi: i parlamentari italiani sono di gran lunga i più pagati del continente. Non solo, con la loro media retributiva di quasi 150 mila euro all'anno a testa i nostri onorevoli si discostano nettamente dal grafico (visibile qui a fianco) che mostra una certa continuità e proporzionalità tra ricavi e reddito medio del Paese. In altre parole - stando al grafico qui a fianco - i nostri onorevoli dovrebbero prendere (se retribuiti in proporzione al nostro benessere) circa un terzo di quanto ricevono attualmente, ovvero un dato medio tra Grecia, Slovenia, Cipro e Spagna (i paesi che si trovano al nostro livello verticale sul grafico) e proporzionalmente anche le spese di funzionamento delle due camere andrebbero abbattute di una cifra vicina a due terzi del totale attuale. (continua qui)

mercoledì 27 luglio 2011

Sole di mezzanotte. Testimonianze dalla #Norvegia in lacrime - #Norway #Oslo #Utoya #weareallnorwegian

Oslo, Norvegia

Claudia Taurisano era a Trondheim in Norvegia, una settimana fa, mentre, sotto i suoi occhi di turista, si consumava il dramma del Paese: dalla tv agli sguardi in lingua sconosciuta della gente che la circondava. Martin Ranhoff era tornato da pochi giorni a casa, lui - norvegese per spirito, mentalità e formazione - ama Brescia e l'Italia, ha studiato alla Bocconi. Entrambi stanno bene e possono raccontare la "loro" Norvegia.

Ho raccolto ieri per Bresciaoggi le loro testimonianze in una doppia intervista pubblicata oggi a pagina 9.

Mi hanno colpito in particolare le parole di Martin, 24 anni, che dice, a pochi giorni dalle stragi di Oslo e Utoya:

«Abbiamo reagito all'odio tutti insieme, senza isterismi, coralmente: i politici e la gente comune, abbiamo pianto con dignità senza gridare vendetta, tristi fino in fondo all'anima, alzando ancora di più la nostra voglia di democrazia e civiltà».


Degli scandinavi (in questo termine unisco svedesi, norvegesi, finlandesi, danesi ma anche olandesi) ho sempre apprezzato la capacità di essere radicali nei loro pensieri, essenziali, diretti. Una capacità che si traduce in buon governo, volontà di modificare i propri stili di vita in base alle esigenze collettive prima che individuali. Sono così in tante cose che di loro ho conosciuto: dall'approccio sulla sostenibilità ambientale al loro originale approccio alle discipline sportive.

Noi, popolo del condono, dobbiamo solo imparare da questo popolo dell'"even better" (sempre meglio) che incita a comportamenti virtuosi non come atteggiamenti da lodare in piazza, ma come essenziali passaggi per una convivenza organizzata e armonica.



Mi hanno colpito per questo le parole di Martin che, con il Paese ancora in lacrime, parla di "pianto dignitoso che non grida vendetta". Tante volte in Italia davanti a drammi umani si chiede, a chi ha subito il dolore direttamente, di esprimere il suo stato d'animo domandandosi se perdonerà o non perdonerà. Sempre si chiede di alzare l'asticella della pena, di essere esemplari, categorici, spietati.

Ebbene, le parole di Martin sono una lezione di profonda civiltà: tu mi hai ferito, ma proprio per questo io percepisco l'eccezionalità dell'accaduto e più forte di ieri credo nei miei valori: la democrazia, la cività, l'integrazione. Per questo tornerò più democratico, civile e integrato di prima. C'è una autoanalisi prima che una sentenza. Una tensione al miglioramento personale prima che un dito puntato alla pagliuzza nell'occhio del peccatore.

Una seconda cosa che di Martin mi ha colpito è stato l'approccio positivo, la voglia di parlarne, senza protagonismo, senza minimizzare il suo ruolo. Svolgendo nella giusta misura il compito richiesto dagli eventi: quello di essere testimone dell'accaduto per raccontare la sua Oslo ferita ad una città - Brescia - che lui conosce bene. Senza aggiunte o sensazionalismi, solo per quanto nelle sue possibilità e facoltà. E' stato asettico nel descrivere le sue sensazioni personali, profondo ed appassionato nel raccontare la tragedia collettiva.

E' una lezione a tutti noi che davanti a certi eventi da cronaca ci trinceriamo dietro ad omertosi silenzi oppure esibiamo protagonismi fuoriluogo (penso alle spettacolarizzazioni dei delitti che noi, gente comune, coi nostri silenzi di comodo e i nostri pettegolezzi irrispettosi, contribuiamo ad alimentare prima ancora che il giornalismo becero e scandalista soffi sul fuoco). Le parole di Martin testimoniano un equilibrio razionale che nessuno può esibire spontaneamente se non è radicato nel proprio essere.

Raramente, davanti a drammi così enormi, si ha la possibilità di confrontarsi direttamente con gli uomini e i loro stati d'animo, ed anche per questo non amo il giornalismo dei coccodrilli che diventano corvi al pari di quello delle vox populi che indugiano su lacrime inconsapevoli. Io ho avuto la fortuna di raccogliere queste testimonianze ed ancora di più, oggi, apprezzo l'approccio alla vita di questa gente di Norvegia e di tutta la Scandinavia.

Per questo chiudo con le parole di Claudia che, con grande profondità, trova una metafora tra l'ambiente e la sua gente, e spiega molto bene il solco profondo tra l'emotività degli eventi che scorrono e la razionalità dei principi che rimangono e indicano l'orizzonte anche nei drammi più profondi.

«Non hanno avuto l'incubo della notte, il sole di mezzanotte in qualche modo è stato d'aiuto, perchè quando ti succede qualcosa di brutto le tenebre che arrivano la sera sembrano nascondere qualcosa di ancor più pauroso. Ma in Norvegia questo non esiste, la sera non arriva, nelle città rimane la luce, e forse la mancanza del buio li ha tenuti ad occhi aperti ad affrontare l'interminabile giorno iniziando subito a restaurare il loro sistema e il loro orgoglio ferito».

giovedì 14 luglio 2011

Il ventaglio segreto - #cinema #recensioni #review

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=Kzs_ky0NgY8&w=560&h=349]

Una pellicola delicata e profonda sul cambiamento e il suo contrario, il movimento della vita quotidiana e il valore della storia. Un tratto tipicamente orientale in una pellicola cinese firmata da Wayne Wang.

A tratti fumettistico, per la scelta di narrare attraverso veloci flash e repentini cambi di ambientazione, riesce a tenere alta l'attenzione per quasi due ore.

E' la storia parallela di due donne che vivono in due epoche diverse. Ma che nella Cina dell'800 come nella Shanghai dei giorni nostri trovano nella loro amicizia profonda (condificata da antiche tradizioni cinesi) l'unico punto di riferimento imprescindibile.

Un racconto sospeso: tra eterno (le regole umane nei rapporti che non cambieranno mai: la lealtà, il rispetto) ed eterno mutamento (il mondo in continua corsa). Tra storia e vita in divenire, tra individualità e socializzazione, tra tradizioni e ricerca del proprio io. Carico di contenuti, non dà una risposta ma pone domande, assume il paradigma del destino come metro di misurazione, ma lascia sullo sfondo tanti altri possibili approcci alla vita meno meccanici.

Consigliato a tanti, per una profonda riflessione sul peso dei rapporti umani nella vita di ciascuno.

mercoledì 13 luglio 2011

Il lettore che sto diventando | Apogeonline - #giornalismo

Illuminante Sergio Maistrello su Apogeonline

Il lettore in rete non cerca la messa in scena del contenuto, cerca il contenuto e lo cerca all’altezza, altrimenti va altrove. Io, come lettore, mi sto abituando a scomporre la complessità in unità di senso, servendomi di ogni fonte disponibile. Cerco l’articolo prima che il giornale, il post prima che il blog, il messaggio di stato prima che il social network. Il processo di accesso all’informazione è capovolto e procede per ricombinazioni personali e non preventivabili all’origine. Non sto affatto insinuando che il giornale, la trasmissione, il palinsesto nel loro passaggio alla rete vengano superati, quanto piuttosto che diventano strumenti abilitanti al servizio dei contenuti.

martedì 5 luglio 2011

La lezione araba per i politici di tutto il mondo - #italianrevolution #indignados #notav



NoiseFromAmeriKa sintetizza molto bene il vero comune denominatore economico-sociale-culturale-antropologico valido per tutti i Paesi che scaturisce dalle rivoluzioni arabe (e non solo, si pensi alla Spagna). Un insegnamento che dovrebbe guidare metodologicamente ed anche sul piano dei contenuti le scelte politiche future.

La crescita macroeconomica, se disgiunta da un assetto istituzionale che favorisca la diffusione dei benefici e delle opportunità a vasti strati della popolazione, genera malcontento e risentimento.
(cut)
I sacrifici richiesti dalle liberalizzazioni economiche possono essere accettati nella ragionevole speranza di un miglioramento per sé o quantomeno per i propri figli, ma se si sparge solo l'illusione senza che la maggioranza veda migliorare le proprie condizioni (e anzi si ingrossa un sottoproletariatto urbano che attratto dal miraggio della città finisce per vivere di espedienti ai margini della società) un giorno o l’altro una scintilla provoca l’esplosione della polveriera sociale.

lunedì 4 luglio 2011

#Marocco: una lezione per l'Italia? - #20feb #feb20 #morocco

La commissione costituzionale che doveva elaborare una revisione costituzionale in Marocco pare aver partorito il classico topolino. Almeno stando all'analisi di Jacopo Granci sul blog (r)umori dal Mediterraneo.

Tuttavia dal Marocco arriva una lezione che andrebbe importanta anche in Italia, laddove la costituzione vieta:
la transumanza politica dei parlamentari eletti (art. 61), un fenomeno comune negli ultimi anni, quando parte dei deputati hanno abbandonato i propri schieramenti politici per passare tra le fila del PAM (Partito dell’autenticità e della modernità, l’ultima formazione di regime creata nel 2008).

continua su (r)umori dal Mediterraneo: Marocco: la rivoluzione non è nella costituzione

In pratica i marocchini prima ancora di avere la libertà si sono assicurati di non avere gli Scilipoti.

domenica 3 luglio 2011

Giovani imprenditori vecchi dentro

Secondo i giovani imprenditori di Confindustria questo è un modo giovane di comunicare:

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=zZUhUwO6RO8&w=560&h=349]

Io già ce li vedo, i consulentoni over 40 interpellati dalla Confindustria che spiegano al simpatico Morelli che è bene andare in maniche di camicia su Youtube perchè la giacca lo fa sembrare troppo serioso, e che gli scelgono la cravatta rossa perchè sembra meno impostata...

Ma giovani sono gli uomini e i loro pensieri (a prescindere dall'età anagrafica), mai gli strumenti.

Anche se, ovviamente, al peggio non c'è mai fine...

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=a0rbS0_g2qQ&w=425&h=349]

giovedì 30 giugno 2011

Alla ricerca di una ecologica comunicazione d'impresa - #ecologia



In un vecchio post la definizione che stavo cercando da tempo per un approccio diverso alla produzione giornalistica (sia di redazione che di ufficio stampa).


L'ecologia della comunicazione d'impresa, l'insieme delle attività che si pongono come fine, il ripulire i processi di comunicazione, da tutti quei messaggi ridondanti, inutili o dannosi e che in genere non creano valore per tutti i destinatari.

vedi il blog Marketing usabile

domenica 26 giugno 2011

Le donne del sesto piano - #cinema #recensioni

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=NK_RigRIeFA&w=560&h=349]

L'inevitabilità del cambiamento, il fascino della diversità, la libertà come conquista. Le donne del sesto piano (in programma in questi giorni al cinema Sociale di Brescia) è una pellcola francese, semplice: fatta di intimità gentile, sensualità senza ostentazioni, quotidianità cruda ma lieve. Ambientato nella Parigi degli anni '60, racconta la vita di un borghese che, dopo anni di assopimento nella routine delle convenzioni sociali del suo ceto, si appassiona al mondo semplice, fatto di lavoro faticoso e quotidiano, delle cameriere spagnole in fuga dal franchismo, che vivono al sesto piano del suo palazzo.

Resta sullo sfondo l'amore per la governante Maria, ma emerge in tutta la sua forza il viaggio del protagonista verso un cambiamento senza troppa introspezione, fatto di osservazione, generosità e nuove letture della realtà circostante. Una rinascita che proprio per la sua naturalezza assume toni bizzarri ma misuratissimi, come nella scena della luce naturale che finalmente nelle finestre del grigio studio della società in cui li lavora il protagonista.

Evidenti ammiccamenti progressisti e una storia che ritorna, oggi come ieri, in un mondo in cui l'immigrazione resta fenomeno sociale governabile ma inarrestabile, ma anche una occasione per misurare il proprio vissuto scoprendo la possibilità di un riscatto umano attraverso una nuova conquista di libertà. Jean Luis, il protagonista, capisce in divenire come (attraverso nuove letture, storie di una vita prima a lui nascosta) l'incontro con la diversità può diventare ricchezza e nuova occasione. E si innamora della dignità umana delle donne prima ancora che del fascino di Maria, in un rapporto paritario senza finzioni.

Pellicola lieve ma di profondità. Una gaia ribellione personale, silenziosa, naturale.

GENERE: Commedia.
ANNO: 2011. DATA: 10/06/2011.
NAZIONALITÀ: Francia.
REGIA: Philippe Le Guay.
CAST: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura, Lola Dueñas, Berta Ojea.

sabato 25 giugno 2011

Un vitaminico Pane web e salame - #pwes #Brescia



Il "Pane web e salame" organizzato da Viral Farm e Uncle Pear è stata una iniezione di vitamine ed energie per tanti. Dai giornalisti agli esperti di marketing, dalle agenzie di comunicazione, per arrivare a imprenditori e professionisti presenti al Castello Malvezzi giovedì pomeriggio.

Interessante soprattutto il dibattito sviluppato su Twitter. Mai a Brescia si era organizzata una conferenza (in realtà si trattava di un barcamp, quindi di una non-conferenza) così tecnologicamente avanti (lo so che non è stato fatto nulla di rivoluzionario, ma in certi contesti purtroppo la normalità è un passo avanti. Ho avuto modo di scriverlo nella pagina che Bresciaoggi ha dedicato all'evento (clicca qui per il pdf):


Tu ascolti la relazione, e sul tuo iPhone si scatena il dibattito attraverso Twitter. Non solo tra i presenti, anche tra chi da casa o dall'ufficio - più di 100 persone nei momenti di punta - segue in streaming attraverso il collegamento su Justin.tv (e altri siti minori allacciati con collegamenti di secondo livello). Nei convegni dell'establishment economico locale questa è ancora fantascienza. Ieri, durante il «non-convegno» degli smanettoni bresciani il silenzioso dibattito a colpi di tweet si è dipanato come se si trattasse (ma del resto lo è in molti posti del mondo) della cosa più normale possibile.
Oltre tremila «cinguettate» hanno accompagnato la religiosa attenzione prestata agli interventi nelle due sale del Castello Malvezzi. Il picco si è avuto prima di pranzo quando si è arrivati fino a 30-40 tweet al minuto (senza contare gli scambi ultieriori fra gli utenti che proseguono privatamente sul social network).


Con piacere vedo che sul tema delle tecnologie applicate ai convegni è tornato oggi ilPost con un articolo di Riccardo Luna (ex direttore di Wired) che giustamente sottolinea (in un pezzo che invito a leggere per intero per i tanti spunti, come sempre acuti da parte di Luna) a proposito di un convegno tenuto lo stesso giorno di Pane web e salame, ma in Campidoglio a Roma sul tema dei “nuovissimi media”:


La prima innovazione è non fare mai più convegni così: senza live streaming, senza wifi, senza voler condividere nulla con nessuno. Parlandoci addosso. Invece di parlare di nuovi media, usiamoli. Sembra banale ma pochissimi lo fanno ancora.
continua su Il Post


Mi risulta che Luna fosse invitato a Brescia. Con il sorriso - a proposito di chi predica e razzola - mi limito a constatare che forse anche i conferenzieri di maggior spicco dovrebbero imparare a scegliere dove presenziare in base all'interesse generato dalla loro presenza e non al peso del palcoscenico. Però capisco bene che sedersi al tavolo con Gianni Riotta in Campidoglio sia sempre - oltre che legittimo - gratificante, anche se davanti non c'è nessuno.

Per capirci: questa era la platea romana:

e questa quella bresciana


Chiudo con il mio personalissimo podio degli interventi più interessanti della giornata a cui ho assistito al Pane web e salame.

1. Luigi Centenaro – “Introduzione al personal Branding”

sono sempre più convinto che il futuro delle fortune giornalistiche passi sempre più dalle persone e un po' meno dalle redazioni, in questo senso il personal branding rappresenta l'approccio metodologico attualmente più immediato ed efficace

2. Claudio Somazzi di Applix – “Editoria su Mobile: quale futuro?”

sostanzialmente in linea con quella che è la mia visione - espressa nel mio intervento - della fruizione di notizie negli anni a venire

3. Alessio Carciofi – “Conversazione con il territorio: il caso Umbria on the Blog”

per la grande esportabilità del progetto, che mi ha fatto accendere più di una lampadina

mercoledì 22 giugno 2011

Bike mob, i cittadini di #Brescia si sono riappropriati della politica - #slegalabici



Io lo so che la parola "politica" fa paura. Perchè ormai in Italia viene usata per definire il tatticismo politico che ha a che fare con le carriere personali più che con la soluzione dei problemi della gente. Tuttavia non conosco alcun modo di risolvere le istanze sociali, economiche e di civile convivenza delle persone che non sia principalmente politico.

Per questo dico che le mille persone che ieri hanno affollato piazza Loggia hanno dato un messaggio soprattutto politico. E lo hanno fatto nel modo più naturale possibile, senza che in piazza comparisse una sola bandiera, senza simboli, affermando un'idea che è di tutti e su cui nessuno ha avuto il coraggio di mettere il proprio stemmino (anche se legittimamente alcuni hanno espresso sostegno e solidarietà). Perchè ieri in piazza Loggia c'era la sacralità di un'idea. Altro che strumentalizzazione.

Ieri i bresciani hanno detto che vogliono mobilità sostenibile, meno inquinamento, stili di vita diversi. Non è così scontato. Non è l'unica soluzione possibile. Altrimenti non ci sarebbe stata una protesta. Che poi non è che fosse una protesta di incazzati, di "indignados", per dirla alla spagnola. In piazza Loggia ieri i bresciani erano felici e sorridenti, contenti di manifestare.

La stessa Laura Castelletti, presidente dell'Associazione Brescia per Passione e consigliera comunale (non un extraterrestre, ma una donna che vive di politica), ha mandato un segnale all'amministrazione cittadina chiaro e, come nel suo stile, assolutamente dialogante:

Il sindaco ascolti questa gente e agisca di conseguenza. Ma quel che più conta è questa sensibilità nuova della città nei confronti della mobilità sostenibile che l'amministrazione non può ignorare


Se facessero così tutti quelli che vogliono entrare in Giunta... povero Paroli

Ora quella gente aspetta una risposta. Perchè la solidarietà alla iniziativa di Brescia per passione la potevano dare oggettivamente tutti, ma poi amministrare la cosa pubblica e realizzare i sogni della gente è tutt'altra cosa ed ha a che fare con la macchina amministrativa, con passaggi logici e logistici (che inevitabilmente creano qualche disagio), e quindi pianificazione, programmazione, realizzazione.

Intanto la gente ha dato un segnale, autoconvocandosi attraverso Internet in piazza, che ho sottolineato nel mio pezzo odierno su Bresciaoggi:



LA FORZA DEL WEB è anche questa. La capacità di richiamare l'attenzione su un tema che più politico non si può utilizzando strumenti che la politica (cittadina e non solo) totalmente ignora. La capacità di far politica per temi e non per tattiche, esprimendo richieste chiare. Con i cittadini protagonisti attraverso un linguaggio diretto, schietto, così inusuale nei circolini partitici. CONTINUA QUI

sabato 11 giugno 2011

giovedì 9 giugno 2011

Rio de Janeiro, città del contagioso spirito carioca - #viaggi #Brasile



Una città da vivere prima ancora che da vedere. Rio de Janeiro, capitale morale del Brasile, anche negli anni del boom economico che sta vivendo, mantiene intatto il suo fascino. Storia e tradizione, modernità da crescita accelerata, contraddizioni sociali e contagioso spirito carioca. Meta di mare o partenza naturale per un tour, fulcro di un Paese tanto immediato e spontaneo quanto misterioso e geloso delle proprie tradizioni.


continua qui

venerdì 27 maggio 2011

28 maggio 1974 #PiazzaLoggia #Brescia

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=v_fg3tzdCkY&w=425&h=349]

il 28 maggio 1974 è un racconto in bianco e nero nelle parole di mio padre
il 28 maggio 1974 è un paradosso che emerge per rivendicare con orgoglio la tua passione civile
il 28 maggio 1974 è la storia della mia città, dell'odio rimasto in fondo al cuore di chi sa
il 28 maggio 1974 è un reato impunito, una strage senza colpevoli che ancora grida vendetta

"il 28 maggio 1974 in questa piazza non è successo niente"

(many tnx to Monkey Combos per il pezzo nel video)

La leggenda del #furgone che rapisce i #bambini. Chi ha #paura dell'uomo nero? - #leggendemetropolitane



In questi giorni si stanno diffondendo su Facebook ed altri social network (ma su facebook di più perchè essendo più diffuso il livello mentale è mediamente inferiore) delle catene di Sant'Antonio che puntano a diffondere paura e sospetto di chiaro stampo razzista con messaggi di questo tipo:

...ho copiato e incollato da un'amico..fatelo anche voi...ATTENZIONE A TUTTE LE MAMME: ci sn dei bastardi cn 1 furgone marrone, ke cercano di rapire i bambini dicendogli ke i loro genitori hanno avuto 1 incidente e ke li accompagnano da loro, girano tra castenedolo, buffalora e san zeno, l'anno scorso da quel ke so giravano anke a mazzano quindi OKKIO! fate girare, + gente sa meglio è...

Messaggi di questo tipo tendono a variare in base alle zone geografiche. Nel bresciano le località più gettonate sembrano essere quelle camune, al punto che il portale Camunity ha cercato di spiegare il fenomeno per spegnere sul nascere l'allarmismo.

Da qualche giorno circola in bassa Valle Camonica una vera e propria “leggenda metropolitana” che come tale si sta ingrandendo e creando anche un certo disagio e apprensione, specie tra le sempre apprensive mamme. In alcune scuole molte mamme sono in perenne stato di agitazione e qualcuna ha anche dato segnali di panico per via della notizia, completamente inventata da qualche burlone, che da qualche giorno, si starebbe aggirando un furgone bianco su cui vi è uno o più individui che cercherebbero di adescare i bambini nei pressi delle scuole e dei parchi giochi. Sembra anche che qualche mamma, al limite della fobia, abbia anche chiamato le forze dell’ordine che, come loro dovere, hanno iniziato delle indagini che non hanno portato a nulla. Molte volte le leggende metropolitane, a quanto ci risulta, viaggiano più velocemente che non le notizie vere. camunity


Inoltre, consiglio di dare una lettura a questa inchiesta di Peacelink - una associazione volontaria di giornalisti professionisti attiva in Italia dal 1992 - che afferma tra l'altro:

Il fenomeno di rapimenti di bimbi italiani da parte di nomadi o organizzazioni criminali non compare nei dati raccolti dalla polizia di Stato sui minori scomparsi. E' invece una costante registrata dagli studiosi di leggende metropolitane.
E' quanto emerge dall'analisi delle statistiche diffuse dalla direzione centrale della polizia criminale riguardanti scomparse di minori in Italia (www.bambiniscomparsi.it) e dai pareri espressi con Reuters da alcuni esperti.


Un tema ripreso anche qui.

mercoledì 25 maggio 2011

La comunicazione politica ai tempi dei #socialnetwork



Io credo che uno dei problemi che avrà la politica andando avanti è che ogni dichiarazione avrà sempre più delle reazioni in tempo reale da parte della gente. Ed anche il populismo gratuito avrà una contromisura d'opinione. Oggi ne ho avuta la prova sul tema dello stadio Rigamonti di Brescia.

lunedì 23 maggio 2011

#Banche - #imprese: in #Italia la stretta del #credito è stata meno forte

Da almeno due anni le aziende italiane lamentano una stretta creditizia da parte delle banche. Per questo ho letto con sorpresa i dati dell’Osservatorio permanente sui rapporti banche-imprese secondo cui:

la variazione tendenziale del totale impieghi, che è risultata pari a +1,1% nella media dell’Area euro (+2% a maggio 2009), +2,5% in Italia (+2,9% a maggio 2009).

via Bank-Press.com

In sostanza, le aziende italiane hanno meno da lamentarsi rispetto alla media europea. Il dato in qualche modo avvalora questa mia tesi del gennaio scorso.

#Pisapia l'anticristo (ma non c’entrano i #morattiquotes) - #effettopisapia

uno lo puoi accusare di furto d’auto, di contiguità col terrorismo, di favorire i musulmani a scapito dei cittadini, di voler fare di Milano la “Mecca dei gay” (qualunque cosa ciò voglia dire), di voler portare la droga in città, di aver rovinato la vita a Matilde Ciccia e, il colmo dell’infamia, di boicottare i concerti di Red Ronnie. Da queste accuse scomposte uno può provare a difendersi, contrapporre argomenti, un certificato penale; ma l’accusa di essere l’Anticristo proietta lo scontro in una dimensione ultraterrena davanti alla quale nemmeno il casellario giudiziario può venirti in aiuto. Provateci voi a dimostrare di non essere l’Anticristo.

Tarantula

quando leggo post come questi, di una sarcastica profondità di pensiero sono fiero del fatto che da un paio di settimane Max Giuliani tiene una rubrica su Bresciaoggi.

domenica 22 maggio 2011

Patto sociale vs populismo - #spainrevolution #italianrevolution @braomario

Condivido in pieno l'analisi de "Linkiesta" sullo scenario europeo e la doppia strada (tutta politica) per uscire dalla crisi.

La strada “virtuosa” è quella di un nuovo patto sociale, con una migliore distribuzione del reddito, e finalmente una vera apertura alle realtà imprenditoriali giovanili. Esiste però anche una via populista: cavalcando le proteste, governi edonistici in cerca di apprezzamento generale potrebbero sentirsi autorizzati a dichiarare default e a uscire in tutta fretta dall’euro. Ciò prolungherebbe la crisi, e annienterebbe le aspettative anche delle prossime generazioni: i paesi “fuoriusciti” entrerebbero in una “Serie B” finanziaria da cui uscirebbero con enorme fatica.

Si sente dire che “tanto lo ha già fatto l’Argentina, e non stanno poi messi molto male”. Il problema è che l’Argentina del 2002 non era un’economia industrialmente sviluppata” come quelle europee di oggi. Le opportunità di crescita in Argentina sono superiori a quelle di casa nostra, proprio perché il paese sudamericano è ancora indietro nella crescita. Da noi, un default distruggerebbe un patrimonio economico creato in sessant’anni di impegno. Le piazze avranno la maturità di comprendere tutto questo?

continua su Linkiesta.it.

venerdì 20 maggio 2011

#nerd #economy atto II - #bresciaoggi #siliconvalley



Seconda puntata oggi su Bresciaoggi parlando della nerd economy bresciana (qui la prima puntata). Si parla tra l'altro di "Servizi Internet", una azienda locale che ha sviluppato un modello ben lontano dalle roboanti quotazioni a stelle e strisce:

Creare valore per il web, senza l'assillo della crescita dei ricavi nel tempo, con l'obiettivo focalizzato sui servizi online. (...) Un approccio molto bresciano, lontano dai rischi di bolla tecnologica. Un tema, quello dello «sboom», che potrebbe tornare d'attualità visto il rischio crescente di non riuscire a far fronte agli impegni finanziari che tante piccole startup della Silicon Valley hanno preso negli ultimi due anni sottoscrivendo intese molto simili ai contratti derivati.


potete leggere qui la pagina in pdf in cui si parla anche di Pane web e salame - Foursquare - Wineblogger e altro...

sabato 7 maggio 2011

I #consorzi di tutela il #territorio e la #politica - #Brescia #Franciacorta #B2B #B2C



Mi inserisco in un discorso aperto da Giovanni Arcari sul suo blog Terra uomo cielo.

Giovanni parla del futuro dei Consorzi di tutela e afferma:
Certo non possono diventare enti turistici, i Consorzi, però dovrebbero cominciare a dialogare con le istituzioni, facendo sentire il proprio peso politico per tutelare un territorio che qualcuno -meno agricolo- dovrà promuovere anche con il loro fondamentale contributo.
TerraUomoCielo

Lo spunto è interessante e mi ha fatto venire in mente una lampadina che mi si è accesa leggendo recentemente un post a proposito del Great British Beer Festival.
il festival della birra più interessante del Regno Unito, organizzato dal CAMRA (Campaign for Real Ale), un’associazione volontaria con oltre 100 mila membri iscritti.
PintaPerfetta – Luoghi, viaggi e persone legate alla birra.

Ho fatto uno più uno. Ciò che manca oggi ai Consorzi sono i "membri iscritti". I consumatori. Troppo spesso in Italia quando si fa del B2B si dimentica che alla fine di ogni processo di mercato sta... il mercato, ovvero i consumatori, non le aziende. C'è la supponenza di pensare che si faccia sempre un prodotto perfetto a prescindere dalla domanda. Lo dico in generale, non solo riferito al mondo del vino. Lo stesso potrebbe essere ad esempio se le aziende dell'acciaio, o energetiche, o manifatturiere ad impatto ambientale, in generale, pensassero di più alla gente cercando un dialogo costruttivo non solo quando un comitato di integralisti verdi scende in piazza.

Un consumatore non avrà mai la cultura e la competenza di un produttore, ma la sua presenza è funzionale e, dico io, indispensabile, se si vuole pesare l'interesse. Perchè la produzione di un qualsiasi prodotto è nulla, anche in presenza dei migliori propositi ambientali, se non ha un mercato.

In Italia manca la mentalità del B2C a prescindere. Potrei fare un esempio calcistico. Ho lavorato per due anni in una azienda di statistica sportiva che vende contenuti ad aziende. Il principale competitor è inglese. Il modello di business è nettamente B2B, la differenza è una: mentre gli italiani pensano a come vendere (ai media principalmente, ma anche ai club calcistici) gli inglesi pensano anche a come far diventare appetibili e diffusi i contenuti tra i consumatori (i tifosi, principalmente) in modo da facilitarsi il compito nel momento in cui si presenteranno dall'azienda cliente a vendere un nuovo supporto statistico.

E' una differenza sostanziale. Il miglior B2B non perde d'occhio il mercato, prova a favorire comportamenti indotti, scavalca l'azienda cliente per convincerla con la forza dei fatti che esiste una domanda di quel prodotto. Crea la domanda di quel prodotto. Che poi magari ha bisogno di un ulteriore passaggio (ad esempio, dal supporto informativo al media della comunicazione) per arrivare al consumatore-cliente-tifoso (ed uso quest'ultimo termine proprio perchè ogni consumatore fidelizzato in fondo è un po' tifoso...). Ma proprio in questo passaggio necessario che rende il rapporto con il consumatore "mediato" sta la forza dell'azienda cliente.

Questo accade anche quando l'interlocutore è la politica. Potremmo chiamarlo B2P (business to politics, ovvero creare le condizioni per scelte politiche che siano funzionali al business). Ma se il B2P rimane fine a se stesso diventa una cancrena clientelare. Se invece ci si pone nei confronti della politica come portatori di interessi di un numero più o meno alto di cittadini (che per il politico sono sempre e comunque voti potenziali) il paradigma cambia. Radicalmente. Perchè è l'interesse strutturato e veicolato verso la politica a prendere il sopravvento.

L'idea? Semplicissima. Aprire i Consorzi - o altre entità associative, il problema non sta nel nome e nemmeno nel cambiare ciò che già esiste - (a quale livello lo si vedrà e discuterà) ai portatori d'interesse finale. I consumatori.

Tutta la verità su #Osama

Bin Laden era stato riconosciuto colpevole di uno dei più vergognosi crimini della storia: la rielezione di George W. Bush.
spinoza.

mercoledì 4 maggio 2011

lunedì 2 maggio 2011

Gap dimensionale. L'uovo di Colombo delle #aziende che vendono all' #estero

Gira e rigira il problema è sempre quello della dimensione.
le imprese sono sì spesso impegnate nello sviluppo di prodotti nuovi, ma che sono qualcosa di nuovo “per l’azienda” più che qualcosa di nuovo “per il mercato”, perché spesso mancano le competenze (e le collaborazioni con centri di ricerca) per fare qualcosa di “realmente” innovativo.
Le imprese italiane “reggono”, ma cosa serve per superare la crisi? | Banche, Risparmio, Investimenti e Trading.

In quest'ottica anche il fatto che il 67% delle imprese manifatturiere italiane esporti parte dei propri prodotti (nel corso del 2008, prima della crisi) ottenendo da questa attività il 34,5% del proprio fatturato, diventa un dato quasi irrilevante sul piano strategico e delle prospettive.

domenica 1 maggio 2011

#ikea e i #gay ... il nuovo manifesto ha qualche connessione?



nel cartellone che offre l’hot dog di manzo a soli 50 centesimi di dollaro, è stato reso chiaro (e scritto anche molto grande) che l’immagine non è a dimensione reale. Che peccato! Visto che il cartellone misura ad occhio e croce 5 metri.
via Ninja Marketing.


alzi la mano chi non ha pensato che si sia trattato di una specifica messa apposta per "tranquillizzare" le famiglie target dell'ultimo cartellone che non piacciono a quel buontempone di Giovanardi.

venerdì 29 aprile 2011

Da grande voglio fare lo #stilista delle figlie di #SaraFerguson

#Luzer - una botta di vita sul pacco della #cultura #underground a #Brescia



http://www.luzer.it/Culture_Pathos_Nulla.html

Ormai è diventato un appuntamento fisso quello con l'uscita del nuovo numero di Luzer, la rivista di "culture/pathos/nulla" coordinata da Elia Zupelli.

Il numero di questo mese (che come al solito potete trovare in giro se frequentate i posti giusti e solo se siete assaliti da una improvvisa botta di cul-t underground) - affidato alla regia grafica di ricCarlo De Stefani è particolarmente interessante.

Elia lo ha sottolineato (sulla pagina facebook) con un molto bresciano "stranculet graficità" e lo ha inquadrato con la sua solita genialità lessicale scritta (perchè Elia è uno che ha il dono di spiegarsi molto meglio scrivendo che raccontandotela): "culture/pathos/napalm/cool britannia quella dei sì lo voglio".

Il numero #19(14) (che non si capisce che numero è) titolato "the war issue" è una raccolta di immagini. Sarà che avevo detto a Elia di togliere alcuni barocchismi intellettuali al linguaggio usato. Sarà. Sta di fatto che lui ne ha tratto un suggerimento radicale ed ha messo in fila una serie di immagini.

Splatter. L'ha definito uno a cui l'ho fatto sfogliare. Ma non sono sicuro che sapesse il significato del termine. E forse ha confuso il rosso fragola di un'immagine (l'ultima) con il rosso sangue.

Sta di fatto che i ragazzi di Luzer hanno dato un altro saggio di vitamina mentale a tutti noi che frequentiamo i posti giusti (e che abbiamo la fortuna che i posti giusti a volte si divertono frequentando noi) con la loro consueta semplice complessità.

#guerra alla #Libia fuorilegge? no, solo l'ennesimo atto contro la #costituzione

Ieri i Tornado italiani armati di missili sono decollati da Trapani e il ministro della Difesa, alla faccia della trasparenza e della democrazia, oggi si rifiuta di far sapere ai cittadini italiani quello che i cittadini italiani avrebbero tutto il diritto di sapere: cioè se hanno bombardato o no, quindi se siamo in guerra o no, quindi se il governo ha violato l’articolo 78 della Costituzione, entrando in un conflitto armato senza una precedente delibera delle Camere.
La Carta straccia, da D’Alema a B. » Piovono rane - Blog - L'espresso.

giovedì 28 aprile 2011

#Disboscamento in #Maddalena. Questo è il modo giusto? #reportage #Brescia)



Decidete voi leggendo il bel lavoro di Lina Malaspina che - da cittadina e camminatrice della Maddalena -, ha imbracciato pedule, macchina fotografica e scomputerato un servizio mica male per offrire in esclusiva ai lettori di MdC un interessante punto di vista in merito alle operazioni di disboscamento in atto sul Monte Maddalena.
Muro di Cani


Volentieri condivido questo reportage di Muro di Cani, il blog politicamente scorretto di Brescia. Lo faccio anche perchè finalmente il mio amico Jebediah sembra aver svoltato pagina convertendosi ad un blogging più documentato e approfondito.

E soprattutto perchè apprezzo questa forma di giornalismo partecipato alla cui base sta la civile e gratuita generosità di chi va sul campo e si sporca le mani.

Bravo JW: più ululati, meno latrati

Camunia lovers

TerraUomoCielo, il blog di Giovanni Arcari, racconta una bella storia made in Vallecamonica



una linea di abbigliamento per un target giovane, dove al posto delle tavole da surf e delle onde di Tarifa appaiono snowbord e “pagher” del Parco dell’Adamello. Disegnato il logo, scelto il nome, registrato il marchio. E si fa sul serio. L’ispirazione diventa un’idea, che si tramuta in disegno che viene poi riportato a pc; si crea il telaio, si stampano i capi, si piegano e s’imbustano, tutto in Valle Camonica.
TerraUomoCielo.


I negozi Prestorik sono a Breno e a Boario Terme, ma c’è anche l’e-commerce al sito http://www.prestorik.com E vi consiglio di tenere d’occhio anche il profilo fb , con tutte le immagini e le novità https://www.facebook.com/prestorik

martedì 26 aprile 2011

Habemus papam (da Tarantula)

Volevo fare una recensione di Habemus Papam. Poi ho trovato questa di Max Giuliani (che presto inizierà una rubrica su Bresciaoggi per parlare di Linguaggi della Rete). Ed allora per una volta prendo in prestito le sue parole.

 per come l’ho visto io, il film parla di quella linea che separa chi è dentro e chi è fuori. Quella linea con la quale creiamo le istituzioni, le chiese, le teorie, i partiti, le visioni istituzionalizzate. Di come l’ideologia sia esattamente la fede nell’esistenza concreta di quelle linee.


Habemus papam (2): come l’ho visto io | Tarantula

soprattutto, aggiungo io: ciò che separa l'uomo in quanto essere dalle ideologie in quanto costruzioni sociali di uomini.

venerdì 22 aprile 2011

[DSB] Cacciamali di Mairano, una piccola Fiat al contrario...

Cosa sarebbe successo se il referendum Fiat fosse stato bocciato? A Brescia in questi giorni abbiamo avuto (in piccolo) la risposta.

Alla Cacciamali di Mairano i lavoratori si sono rifiutati di votare un piano di salvataggio (l'azienda è fallita e i loro 145 posti di fatto non esistono più) che avrebbe riattivato 35 posti subito e 90 su 145 entro 24 mesi. La differenza non è da poco. Non c'è stato un no, ma un voto mancato. Perchè? La Fim Cisl la spiega così:

«A Brescia c'è una modalità di confrontarsi e discutere a livello sindacale che fa paura ai lavoratori e alle imprese».


e ancora:

«Gli industriali considerano Brescia una provincia in cui è impossibile investire in progetti importanti e una parte del sindacato sta contribuendo ad allontanare le risorse per il rilancio del territorio».


Ieri la
presa di posizione dell'azienda
che avrebbe dovuto riattivare la Cacciamali dopo il fallimento affidato ad un comunicato, che tra le altre cose sottolinea:

La situazione che si è determinata renderebbe imprudente ogni tipo di investimento (preventivato in circa 9 milioni di euro) in quel plesso produttivo e ciò con enorme rammarico per chi, come noi, ha lavorato da mesi al progetto ed ha creduto alla possibilità di ripresa di uno storico marchio del settore bus ed un importante sito produttivo della realtà bresciana.

Chiamatela Nerd Economy



Bresciaoggi dedica una pagina al mondo aziendale web bresciano. Ecco il pezzo d'apertura.

Non chiamatela «new economy». La «nerd economy» è un modo di fare impresa che si sta diffondendo nel mondo ma nella cui sostanza c'è molto di bresciano. Parte da iniziative di alcuni giovani informatici (il termine «nerd» identifica il secchione made in Usa tutto libri e computer, quello che solo alla fine dei film conquista la più bella della classe) e punta a fare impresa. Facebook iniziò così. Twitter e Youtube anche. Google pure. La bresciana Zabibu (si veda il pezzo a fianco) è nata così e spera di ripercorrere quel cammino. I grandi del web sono stati giovani scrittori di codice informatico partiti da zero. Senza grandi mezzi (in giro ce ne sono pochi, e se un ventenne si presenta in banca a chiedere sostegno tutt'al più gli viene chiesto quante case ha suo padre), ma con grande competenza.
DI NUOVO ci sono le idee: internet per i ventenni di oggi una tecnologia che è sempre esistita. Passata la grande paura che una decina d'anni fa anche a Brescia fece vittime illustri e lasciò sul campo solo le parti migliori delle aziende, il tessuto imprenditoriale locale sembra aver acquistato una nuova consapevolezza preparandosi a nuove sfide affascinanti. Dalle piccole startup tecnologiche che scommettono su una piattaforma basata sul web alle grandi aziende di consulenza che puntano a supportare le tante possibili inizative imprenditoriali locali (e non solo) su Internet, lo scenario bresciano si è arricchito nell'ultimo anno di alcune imprese innovative estremamente interessanti.
Manca ancora, al momento, un supporto istituzionale (Università? Organizzazioni imprenditoriali? Camera di commercio?) che lanci una operazione di sistema in grado di supportare economicamente le idee. Forse perchè manca ancora la capacità di capirle e scegliere le migliori. Ma la strada è stata avviata. I «nerd» bresciani hanno già un loro evento annuale («Pane web e salame», si veda il pezzo a fianco) e sono pronti a confrontarsi per crescere. Con un altro gap da sottolineare, ben evidenziato da Giancarlo Gervasoni (Zerouno informatica) in un recente forum di Symantec (colosso della sicurezza informatica): «A livello di banda, tolte le grandi città, la situazione di copertura e affidabilità risulta ancora del tutto inadeguata». Il salto di qualità (ed il successo imprenditoriale) passerà anche da questi limiti attuali. Sperando che nel frattempo qualcuno ripensi alle già manifestate intenzioni di andarsene negli Usa dove l'habitat è migliore.

giovedì 14 aprile 2011

Corruzione, Italia peggio del Rwanda

Nella classifica della corruzione allestita annualmente dall’associazione Transparency International, l’Italia è scivolata al 67esimo posto. Sono risultato meno corrotti anche paesi come il Rwanda e Capo Verde. Fra i paesi dell’Europa occidentale, hanno fatto peggio solo Romania, Bulgaria e Grecia.

via infoinsubria.