sabato 7 maggio 2011

I #consorzi di tutela il #territorio e la #politica - #Brescia #Franciacorta #B2B #B2C



Mi inserisco in un discorso aperto da Giovanni Arcari sul suo blog Terra uomo cielo.

Giovanni parla del futuro dei Consorzi di tutela e afferma:
Certo non possono diventare enti turistici, i Consorzi, però dovrebbero cominciare a dialogare con le istituzioni, facendo sentire il proprio peso politico per tutelare un territorio che qualcuno -meno agricolo- dovrà promuovere anche con il loro fondamentale contributo.
TerraUomoCielo

Lo spunto è interessante e mi ha fatto venire in mente una lampadina che mi si è accesa leggendo recentemente un post a proposito del Great British Beer Festival.
il festival della birra più interessante del Regno Unito, organizzato dal CAMRA (Campaign for Real Ale), un’associazione volontaria con oltre 100 mila membri iscritti.
PintaPerfetta – Luoghi, viaggi e persone legate alla birra.

Ho fatto uno più uno. Ciò che manca oggi ai Consorzi sono i "membri iscritti". I consumatori. Troppo spesso in Italia quando si fa del B2B si dimentica che alla fine di ogni processo di mercato sta... il mercato, ovvero i consumatori, non le aziende. C'è la supponenza di pensare che si faccia sempre un prodotto perfetto a prescindere dalla domanda. Lo dico in generale, non solo riferito al mondo del vino. Lo stesso potrebbe essere ad esempio se le aziende dell'acciaio, o energetiche, o manifatturiere ad impatto ambientale, in generale, pensassero di più alla gente cercando un dialogo costruttivo non solo quando un comitato di integralisti verdi scende in piazza.

Un consumatore non avrà mai la cultura e la competenza di un produttore, ma la sua presenza è funzionale e, dico io, indispensabile, se si vuole pesare l'interesse. Perchè la produzione di un qualsiasi prodotto è nulla, anche in presenza dei migliori propositi ambientali, se non ha un mercato.

In Italia manca la mentalità del B2C a prescindere. Potrei fare un esempio calcistico. Ho lavorato per due anni in una azienda di statistica sportiva che vende contenuti ad aziende. Il principale competitor è inglese. Il modello di business è nettamente B2B, la differenza è una: mentre gli italiani pensano a come vendere (ai media principalmente, ma anche ai club calcistici) gli inglesi pensano anche a come far diventare appetibili e diffusi i contenuti tra i consumatori (i tifosi, principalmente) in modo da facilitarsi il compito nel momento in cui si presenteranno dall'azienda cliente a vendere un nuovo supporto statistico.

E' una differenza sostanziale. Il miglior B2B non perde d'occhio il mercato, prova a favorire comportamenti indotti, scavalca l'azienda cliente per convincerla con la forza dei fatti che esiste una domanda di quel prodotto. Crea la domanda di quel prodotto. Che poi magari ha bisogno di un ulteriore passaggio (ad esempio, dal supporto informativo al media della comunicazione) per arrivare al consumatore-cliente-tifoso (ed uso quest'ultimo termine proprio perchè ogni consumatore fidelizzato in fondo è un po' tifoso...). Ma proprio in questo passaggio necessario che rende il rapporto con il consumatore "mediato" sta la forza dell'azienda cliente.

Questo accade anche quando l'interlocutore è la politica. Potremmo chiamarlo B2P (business to politics, ovvero creare le condizioni per scelte politiche che siano funzionali al business). Ma se il B2P rimane fine a se stesso diventa una cancrena clientelare. Se invece ci si pone nei confronti della politica come portatori di interessi di un numero più o meno alto di cittadini (che per il politico sono sempre e comunque voti potenziali) il paradigma cambia. Radicalmente. Perchè è l'interesse strutturato e veicolato verso la politica a prendere il sopravvento.

L'idea? Semplicissima. Aprire i Consorzi - o altre entità associative, il problema non sta nel nome e nemmeno nel cambiare ciò che già esiste - (a quale livello lo si vedrà e discuterà) ai portatori d'interesse finale. I consumatori.

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