martedì 30 marzo 2010

La vittoria dei conservatori

Spero che nessuno, nel Pd o dintorni, domani provi a dire che «non è andata così male, in fondo». Altro che balle: l’unico fondo di cui possiamo parlare oggi è quello che abbiamo toccato. (Alessandro Gilioli)

Cambiando il verbo "possiamo" con "possono", condivido questo giudizio di Alessandro Gilioli, giornalista di Repubblica e blogger che spesso cito qui. Eppure ieri sera ho sentito il segretario del Pd bresciano, Piero Bisinella, dire che Formigoni non ha sfondato. Punto più, punto meno, anche senza l'Udc il presidente della Lombardia ha fatto un +12%. Dichiarazioni da Zelig. Niente più.

Dell'astensionismo ho già parlato ieri. Ma non amando la demagogia di quanti piangevano sulle ceneri dell'elettore scomparso, tentando di dare fantasiose letture del perchè, dico che secondo me chi sta a casa dà un segnale silenzioso ma comunque indecifrabile. Interrogarsi è una perdita di tempo. Fa bene il sindaco di Brescia Adriano Paroli, ad esempio, a minimizzare: secondo lui è solo un problema di prenotazione di weekend e vacanze pasquali (e lui, come spiegava ieri su Teletutto, ne conosce tanti così).
Io dico che il problema della politica rimane quello di interpretare bisogni ed attese di tutti i cittadini, ma di agire poi sulla base delle indicazioni di chi al voto ci va, perchè la democrazia è un gioco di percentuali, non di numeri assoluti (altrimenti oggi più che gli zero virgola che hanno determinato alcune vittorie si starebbero contando le quantità di schede non depositate nell'urna e il calo di voti generalizzato da una e dall'altra parte).
Gli italiani vivono la politica come il tifo calcistico, e quando la loro squadra li delude non cambiano maglia, semplicemente non vanno allo stadio. Ma attenzione: è tifo ovunque, nel Veneto texano, nell'Alabama lombarda, ma anche nelle regioni rosse delle maggioranze schiaccianti in cui l'alternanza è una chimera.

Il referendum. Doveva essere un pro o contro Berlusconi. La gente non ha dubbi, se avesse voluto minimamente indebolire il leader avrebbe avuto milleuno motivi (tutti quelli sventolati dagli oppositori). Chi lo ha votato non è nè impaurito nè ignorante: vuole esattamente quello che Berlusconi sa dare, un leader che non sia in discussione un giorno sì e l'altro pure (diceva Montanelli: "non temo il Berlusconi in sè ma il Berlusconi in me"). Il problema della partecipazione, della democrazia, degli equilibri istituzionali non è nemmeno in discussione nè tantomeno preso in considerazione. Questo è il Paese dei cassintegrati che votano contro l'allungamento della cassa integrazione perchè tanto stanno lavorando in nero. Saranno miopi, ma stasera mangeranno. Non ci sono sindacati, nè partitidemocratici, nè legalità che tenga. Da questo punto di vista Berlusconi è una garanzia. E sulla base di questi escamotage, che danno risposte veloci, semplicistiche, furbe, italiane (e mi piange il cuore ad utilizzare questo termine come aggettivo), ai primi bisogni sentiti della gente, il premier ha vinto l'ennesima battaglia. E' la riedizione italica del lasciar fare alimentato a pane e circo.

Non so in quanti ancora diranno che la Seconda Repubblica volge al termine. Al momento mi sembra di poter dire che se questo accadrà non sarà certo per la fine del berlusconismo, quanto più per la sua assimilazione da "metodo di parte" a "regola dell'agire politico".

Restano sullo sfondo alcuni temi "del giorno prima" di cui l'Italia facilmente si dimentica il giorno dopo:

I grillini. In Piemonte grazie ai voti dei No Tav hanno consegnato la regione al leghista Roberto Cota, avranno due seggi in consiglio, saranno il "virus" regionale, faranno una bella opposizione. Non volevano Mercedes Bresso, ora quelli dei comitati andranno a discutere con la Lega. Tanti auguri. In Lombardia e in Veneto non hanno superato lo sbarramento (mettiamoci per completezza anche la Campania). In compenso sono terza forza in Emilia Romagna (dove basta che dici una cosa che sembri vagamente di sinistra e prendi voti). Dove stia il successo non lo so. Fin qui hanno parlato della loro genuinità civica, che personalmente considero qualunquismo politico. Il risultato piemontese denuncia quantomento ingenuità (che non a caso è anagramma di genuinità), a voler essere buoni. Per il resto mi rimangono tutti i dubbi sul fenomeno Grillo che fa fare politica agli altri. Avevano due punti di forza: le piazze piene, ma il voto ha dimostrato che quella era gente che stava andando a teatro (altrimenti altro che 3%) e il fattore web, di cui dirò tra poco. Solo una nota di stile: è davvero bello sentir dire Vito Crimi, candidato del Movimento 5 stelle in Lombardia: noi non siamo il partito di Grillo, quando sul simbolo sta scritto beppegrillo.it (ma forse si riferiva al termine "partito").

Fattore Internet. (Parlo qui soprattutto da giornalista oltre che da appassionato cultore della rete). Io sono sostanzialmente d'accordo con quanto scritto da Filippo Facci su Libero e riportato da Macchianera.net. In altre parole Raiperunanotte (l'unico vero evento web pre-elettorale) è stata una colossale occasione persa per "imporre quella par condicio naturale che ogni vero giornalista dovrebbe portarsi dentro". Una iniziativa che invece ha messo al centro la figura di Michele Santoro rafforzando i pregiudizi di tutti e risvegliando i fantasmi di chi lo considera solo un malcelato arruffapopolo.
Per il resto, semplicemente, i blog (che rimangono sempre un fenomeno di nicchia) dal punto di vista della capacità di generare consenso elettorale hanno dimostrato al momento di essere solo brusio di fondo, semplicemente il nuovo strumento scoperto da una parte del popolo degli ultras-elettori. Tutt'al più sono serviti a confermare le teorie di Ross e Geer: i due strateghi della comunicazione elettorale di Barack Obama secondo cui l’audience che si raggiunge in rete è per lo più quella dei sostenitori. La novità è che il web ha permesso un dialogo diretto con questi. Il web, in altre parole, sarà più utile da qui al prossimo anno che a una settimana dal voto.
La brutta impressione, da giornalista di carta stampata, è che il regresso di copie vendute, pubblicità e capacità attrattiva di parte dei media, in realtà sia determinato molto più da incapacità strutturali delle testate storiche di interpretare le necessità informative della gente che dall'avanzata di un nuovo strumento (che pure ha il suo ruolo nella partita).

IL FUTURO Bersani elogia il modello Liguria. "Claudio Burlando ce l'ha rifatta portando dentro sinistra e centristi, dipietristi e grillini". Da Veltroni (che portò il Pd alle politiche in semi-solitaria) a Burlando, quindi, rivince il modello ulivista del fu Romano Prodi. Che tuttavia manca sempre di metodo, ovvero di un percorso lineare e replicabile che pur nelle specificità indichi una via da percorrere in Piemonte come in Sicilia quando si arriva alle elezioni. Sinceramente non so come sia riuscita a Burlando la maggioranza ulivista del "dentro tutti". Tuttavia quel tutti insieme, praticato nel voto e che adesso si profila ancora più ampio, agli uomini di Veltroni continua a non piacere.
Vedo una sola strada per il Pd (ma il problema è di tutti quelli che non si riconoscono nella leadership di Berlusconi): le primarie di tutti coloro che si sentono alternativi alla destra, fatte mesi prima, giocate alla luce del sole. Non primarie di partito ma primarie elettorali, aperte a tutti, all'americana. Sempre, non solo quando fa comodo (leggi Penati).

Il metodo sarà efficace solo se unitariamente la sinistra tutta si richiamerà ai valori del '93, quelli che portarono al referendum vinto dai maggioritaristi guidato da Mario Segni, ripartendo da un punto: la rappresentanza "il più diretta possibile" fra i territori (intesi come collegi elettorali) e i loro rappresentanti. Quello stesso referendum sconfessato dalla riforma Calderoli di dieci anni dopo.
Per farlo servirà una battaglia tutta politica, di posizione, di composizione e di dialogo.
Pensare di far passare questo dallo sdegno popolare, lo dimostra il voto che ha dato un colpo di straccio a un anno di scontri (diciamo da Noemi Letizia in poi), è l'ennesima strategia perdente.
A fare i populisti e gli insurrezionisti (anche quando stanno alla maggioranza ma parlano da opposizione) sono più bravi gli altri. E questo - checchè ne dica la sinistra benpensante e beninformata - ha determinato la vittoria dei conservatori.

2 commenti:

  1. "A fare i populisti e gli insurrezionisti (anche quando stanno alla maggioranza ma parlano da opposizione) sono più bravi gli altri".

    This is the power of Padanians

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  2. [...] riflessioni convincenti (più che un post pare un editoriale!) non avendo pietà per nessuno (la vittoria dei conservatori). Tags: giovanni [...]

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