L'uscita di Google Buzz, il nuovo servizio strumento di social network e microblogging, ha destato non poche polemiche sull'utilizzo disinvolto della privacy. Oltre ad altre considerazioni critiche da parte degli utenti di Twitter (uno dei social network che andrebbero integrati).
Su Social Media Today Laurent Francois l'ha definito senza mezzi termini "furto della proprietà sociale", sottolineando che "In termini di fiducia e di etica, è la cosa peggiore che si possa fare".
Il direttore di Nova (Il Sole 24 Ore), Luca De Biase, sul suo blog ha tratto la logica conclusione che "chi accetta di partecipare ai social network deve sapere che alle piattaforme non importa molto della privacy, o meglio della libertà di parola e di silenzio degli utenti". Mettendo Google Buzz sullo stesso piano di Facebook, che qualche settimana fa ha indotto molti utenti a trasformare in informazioni pubbliche quelle che in precedenza erano riservate agli amici. Di fatto lo stesso
Nel frattempo MySpace continua la sua agonia, non capendo che i social network vanno pensati come Luttazzi insegnava ovvero in forma semplificata "per venire incontro alle vostre facoltà mentali". La piattaforma acquistata dalla NewsCorp di Rupert Murdoch del resto mi sembra rispetto al mondo social quello che erano i siti Internet del freeweb prima del 2001, ovvero prima dei blog. Troppo codice, qualche complicazione, pochissima condivisione e, inevitabilmente, una limitatissima possibilità di integrazione con gli altri sistemi (nulla di più anti-social). In questo senso condivido la tesi di Massimo Mantellini sulla scelta inevitabile di un SN preferito, che lui chiama monotasking sociale. Per dirla con Niklas Luhmann è tempo di ridurre la complessità (e direi anche di andare a dormire).
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