
Esilarante sottigliezza sul Manifesto di oggi. A pagina 12 la recensione di Alberto Burgio su "L'Innse che c'è", un libro che parla del caso Innse che ha tenuto banco quest'estate.
Ma come per incanto Burgio omette dalla sua recensione il nome di Attilio Camozzi, ovvero l'imprenditore bresciano che è intervenuto a salvare la fabbrica (non un filantropo, ma un uomo a caccia di valore aggiunto ai propri business, sia chiaro). Semplicemente i Camozzi per il Manifesto sono innominabili, pur rientrando nella categoria "padrone vero, che non intende smantellare la fabbrica, ma farla funzionare sfruttandone il lavoro".
Con un po' di rassegnazione apprendo che per Il Manifesto gli imprenditori, nel 2010, sono sempre brutti, sporchi e cattivi. Come il rottamaio Silvano Genta amico del leghista Roberto Castelli, che al contrario viene nominato con tanto di apprezzamenti.
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