lunedì 27 dicembre 2010

Brescia (lettera d'amore)



E' comodo, oggi, dire che i problemi che abbiamo derivano dal mondo politico. Chi punta il dito contro i politici in realtà ha un secondo fine, quello di allontanare lo sguardo dalle proprie mancanze. Dalla propria incapacità. Da una mancanza progettuale collettiva di cui è partecipe e di cui non riesce ad essere eccezione.

E' questa l'Italia del 2010. Un Paese di cui la mia città è uno spaccato fedele. Significativo. Non a caso i sensazionalismi televisivi modello Annozero negli ultimi mesi fanno spesso tappa a Brescia per confezionare nuove storie di frontiera, di conflittualità, di disadattamento sociale e di focolai eversivi.

Ma non è colpa della Lega, di Berlusconi o dei berluschini, dei grandi o piccoli potenti di questa provincia. Una realtà che ha la forza economica di una metropoli, ma è del tutto priva di una traduzione sociale e culturale che le permetta di capire i propri vizi e le proprie virtù, inserendoli in quanto tali, vizi e virtù, in un progetto cittadino e territoriale coerente.

La prima cosa che manca a Brescia è la forza di un narratore contemporaneo della brescianità. Romanzi, poesia, pittura, musica colta, filosofia: di tutto avrebbe bisogno questa gente affamata di sapere, che invece tutto riduce alla facilità di una politica da fast food senza ispirazione, estemporanea, sradicata proprio nel momento in cui invoca l'attinenza alle sue radici.

E' una totale mancanza di strumenti, di capacità d'analisi. E' un problema che sta molto prima degli approdi, alle elaborazioni, alla capacità di costruire un racconto coerente della città, del territorio e della sua gente. Un dramma culturale di cui tutti siamo responsabili. Dai più umili, schiacciati sull'inseguimento di modelli demagogici, agli intellettualoidi inermi, incapaci di elevarsi nella massa.

Il giornalismo stesso - il cui compito originario sarebbe quello di raccontare e interpretare la realtà - oggi non può aspirare al ruolo di prodotto culturale. Anzi, l'attuale sistema porta in sè il paradosso della presenza di un giornalismo di potere la cui unica alternativa è il un giornalismo antagonista, l'unico - quest'ultimo - a stare a pieno titolo dentro i movimenti e sommovimenti sociali, ma con una visione radicale e conflittuale che diventa in certi momenti l'unica elaborazione alternativa possibile creando ulteriori corto circuiti.

Ci pensavo in queste ore leggendo del rapporto tra Jean Claude Izzo e la città di Marsiglia. Una realtà non facile sul piano sociale. Un crocevia, afflitto da problemi di sicurezza, ma al contempo in grado di leggersi e farsi leggere per raccontarsi ed esorcizzare le proprie paure, i propri limiti. Una sorta di autoanalisi che la mia Brescia, così chiusa nei suoi tribalismi provinciali, non riescie ad affrontare con consapevolezza e coraggio.

Oggi a Brescia manca tutto ciò che viene prima di una classe dirigente: una ispirazione, anche filosofica, una chiave di lettura della realtà, una tensione affamata al futuro. Di questo si ha realmente paura, della condanna ad una storia pesante svuotata da un racconto presente che si è incapaci di scrivere.

5 commenti:

  1. Io me ne lavo le mani
    e do la colpa a Silvio.
    Colpa di Silvio.
    Io non c'entro niente,
    io faccio SEMPRE TUTTO BENE.
    (Come direbbe Silvio).


    Comunque sia, se manca tutto è più facile proporre qualcosa. O no?

    RispondiElimina
  2. [...] svuotata da un racconto presente che si è incapaci di scrivere.” Con questa frase termina il post odierno di armagio. Una lettera d’amore alla città nella quale traspare un sentimento intenso e forte, ma anche [...]

    RispondiElimina
  3. il problema non è proporre qualcosa per proporlo, il problema è trovare punti di sintesi, momenti alti che raccontando la città escano dalla città, così come i classici raccontando il loro tempo escono dai tempi...

    RispondiElimina
  4. la lettura del tuo scritto mi ha messo in grande agitazione. E' molto bella ed è molto vero quello che tu scrivi . In qualche modo ci chiama in causa tutti. Chiama in causa chi se ne frega di come va il "mondo" ma anche di chi come me pensa di essere impegnata ad affrontare i problemi del "mondo" e lo fa pensando che le responsabilità siano comunque e solo di "altri" .
    E' un pensiero che ci consegni per i prossimi giorni che non saranno fatti solo di bagordi ma anche di qualche riflessione , magari partendo anche dalle cose che ci hai scritto e di cui ti ringrazio. ( Claude Izzo io l'ho letto, mi piace el'ho consiglato a molte amiche e amici cosidetti"impegnati" .Ti auguro un sereno 2011

    RispondiElimina
  5. non abbiamo ancora capito che si deve guardare alla storia per dare slancio al futuro, semplicemente perché non conosciamo il valore della nostra storicità, non sappiamo valutare la nostra ricchezza. una società che di base esprime questo non può di certo produrre dei bravi "cantastorie". a parigi hanno investito nella cultura del cibo(per dirne una) e non serve che elenchi una serie di artisti nati o vissuti lì. brescia ha puntato sul tondino(per dirne una) e ha sfornato fabio volo, bravo, simpatico e fortunato ma difficilmente accomunabile a un artista.
    è imbarazzante vedere come chi opera nel e con il territorio, non conosca nulla di quello che gli sta attorno. anche se dovessimo avere qualcuno in grado di rappresentare e raccontare il nostro territorio, non verrebbe ascoltato da nessuno, non in questa provincia dove lo sviluppo industriale(quello ignorante e bue)ha determinato una svalutazione complessiva di tutto il resto, dall'agricoltura, all'arte, alla storia ecc.
    al bresciano medio interessano l'auto prestigiosa(che spesso paga a rate), un'immagine borghese che non deve essere intaccata per poter mostrare una ricchezza superiore, rispetto a quella che di fatto possiede.
    ci vuole "un colpo di stato" nei confronti di questa anticultura. serve maggior coraggio e determinazione da parte di chi esprime una cultura diversa da quella che negli ultimi cinquant'anni ha determinato la "forma" attuale di questa provincia.

    RispondiElimina