Atmosfera fumettistica azzeccata, dialoghi minimal, ambiente degno di un tributo al celebre protagonista degli album di Sergio Bonelli editore. Unica nota di demerito (non indifferente) la scelta del protagonista, un palestratissimo Dylan americanizzato che poco rende giustizia al fascino misterioso dell'originale su carta.
La storia propone il consueto schema delle avventure di Dylan Dog, la cui particolarità affascinante sta da sempre, secondo me, nella capacità di esplorare il mondo esterno come se fosse una enorme proiezione esterna delle paure interne dell'uomo. Umani, licantropi, zombie, vampiri non sono che le sfaccettature di personalità complesse e impercettibili. La storia fa apprezzare come sempre il clima da "solo contro tutti" che fa apparire ogni episodio del celebre fumetto come la proiezione di un intenso viaggio interiore attraverso l'uscita da se stessi in cui forte è la raffigurazione dello spettatore nel protagonista.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=gPa5f9SxlpE&w=640&h=390]
lunedì 28 marzo 2011
domenica 27 marzo 2011
Il giorno in cui la Confindustria bresciana sdoganò i blog

Ho letto con un certo entusiasmo, questa sera, la lettera di risposta del presidente dell'Aib, Giancarlo Dallera, al blog di Laura Castelletti. Il leader della Confindustria bresciana risponde nel merito di un dibattito su aziende e ambiente, e esordisce giocando al ribasso: "solamente perché, come si usa dire, vengo tirato per la giacca".
In realtà il passo compiuto da Dallera è ben più importante. Innanzitutto perchè leggendo il contenuto si nota che tra Dallera e Castelletti si sviluppa un dibattito che ha senso nella sua dimensione pubblica e non certo privata. In secondo luogo perchè rispondendo ad un blog elencando quanto Aib sta facendo in questi anni in tema di ambiente, energia, prevenzione e pianificazione, il presidente di fatto riconosce il blog (o forse la blogger prima che il suo strumento) come interlocutore. Non già un interlocutore privato, come potrebbe essere con un qualsiasi esponente politico interessato alle tematiche, ma come interlocutore pubblico, con il quale intavolare un dialogo in piazza.
Non è un passaggio di poco conto. Fino a ieri questo tipo di dibattiti venivano impostati solo con i media tradizionali: i giornali o le tv, ora Dallera invece riconosce il potenziale divulgativo del blog, evidentemente capisce l'importanza di una audience altra rispetto a quella che solitamente frequenta le pagine di giornali e rispondento alla blogger Castelletti di fatto riconosce la necessità di un dialogo con il suo pubblico. La lettera di risposta diventa una finzione teatrale, perchè Dallera ben sa di essere in contatto con una audience ben più vasta.
A memoria mia è la prima volta che un esponente confindustriale interviene in Italia - nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali - in un dibattito sviluppato dai blog. E' un passaggio storico, di cui andrà verificata la portata nelle prossime settimane. Intanto da parte della Confindustria un segnale di apertura e, lasciatemelo dire, di trasparenza.
Solo su una cosa trovo di dover eccepire rispetto a quanto esposto dal presidente Aib. Quando Dallera dice:
Gli imprenditori, particolarmente quelli bresciani, sono persone schive e non amano vantarsi di ciò che hanno fatto, preferiscono guardare solo al domani più che al passato.
in realtà il presidente Aib prova - sulla base di una presunta umiltà minimalista - a giustificare uno stile comunicativo che proprio i blog e i nuovi media stanno contribuendo a superare. Non si tratta di essere schivi, o di vantarsi di cose fatte. Le cose che si fanno non sempre portano a risultati positivi ed anche nel mondo delle lobby (come in quello della politica) sono i risultati a contare più delle buone volontà. Oggi la comunicazione pubblica delle associazioni di categoria è fatta sui progetti più che sui risultati, sulle potenzialità più che su ciò che viene concretizzato. Ebbene, chiedere resoconti e risultati non è un voler snaturare nature schive e volutamente low profile, si tratta di soddisfare la necessità di sapere che la strada che si sta percorrendo non si risolve in proclami ecologisti e sterili pressing improduttivi, ma cercare la testimonianza viva di idee che diventano realtà e che ancora sono in grado di influenzare le nostre esistenze. Di questo, se vorrà a sua volta accreditarsi presso la platea dei blogger o dei lettori dei blog, l'associazionismo imprenditoriale, di matrice confindustriale ma non solo, dovrà in futuro sempre più rendersi conto.
Spiedo? A regola d'arte
Lo spiedo di Serle diventa De.Co: il più tipico, amato e discusso dei piatti tipici bresciani ha ora un suo disciplinare ufficiale sancito dalla delibera con la quale l'amministrazione comunale, retta dal sindaco Gianluigi Zanola, ha istituito la Denominazione Comunale a tutela di un monumento della brescianità gastronomica. Dieci i ristoranti serlesi nei quali si può degustare lo Spiedo De.Co.: un circuito cui ha aderito la stragrande maggioranza dei locali del paese, e che comprende la trattoria Castello, i ristoranti Valpiana, Il Buongustaio, Belmonte e La Betulla, l'osteria Antica Fornace e gli agriturismo Casinetto, Dell'Altopiano, L'Aquila Solitaria e Delle Valli.
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venerdì 25 marzo 2011
Tunisia, la rivoluzione dolce
Il reportage di Paola Buizza e Andrea Corini, Brescia Punto Tv. Da vedere.
[vimeo 21480564 w=400 h=320]
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martedì 22 marzo 2011
Raunch girl, onori e oneri dell'indie porno

Il documentario presentato a Bergamo Film Festival venerdì scorso da Giangiacomo De Stefano e Lara Rongoni è un lavoro di profondità e sfumature.
Ho sempre considerato poetico tutto ciò che sa essere suggestivo ed allo stesso tempo estremamente personalizzabile. Capace di generare emozioni contrastanti e di lasciare all'occhio dello spettatore un numero infinito di interpretazioni possibili. In questo senso credo che questo documentario arrivi all'obiettivo. E di questo... delle mie percezioni, suggestioni e sensazioni, voglio scrivere.
Raunch girl è la vita di Clara Pizzaferri - 21 anni, attrice porno indipendente, per scelta - e si muove su un doppio piano. Scrivendo la sinossi gli autori dicono di analizzare: la ricerca di popolarità e la velocità con la quale questa si può raggiungere, la giovane età e molto spesso le mistificazioni che si creano...
Ci sarebbe una doppia difficoltà in un lavoro come questo: da una parte quella di sminuire la portata emotiva e l'invasione della sfera personale che la scelta di recitare scene porno determina in una persona, dall'altra quella di cadere nel moralismo. Gli autori qui prendono queste precauzioni e non cadono in un risultato neutro, ma mettono con nochalance la pulce di un loro giudizio, secco ma non invasivo, nell'orecchio (e nell'occhio) dello spettatore.
La parabola umana di Clara, un matrimonio a Las Vegas con il compagno che recita (senza troppa convinzione) sul palco con lei, si risolve in un nome d'arte (una identità altra) e in un matrimonio fallito (comunque lo si veda un esito sentimentale negativo). Un risultato assai deludente rispetto alla voglia iniziale di emersione, autodeterminazione e successo.
Questo l'epilogo, in cui entrano dettagli che potrebbero essere omessi (nickname e separazione, tra gli altri) ma stanno lì come informazioni utili non certo a "fare il titolo" (sensazionalistico e banalizzante) ma a dialogare con il "lettore-spettatore" della vicenda. Nello sviluppo tuttavia la storia non manca di far emergere un certo coraggio - pur non enfatizzato - da parte della protagonista, che sceglie la via del porno non già come vizio esibizionistico ma come forma radicale di espressione. Costruendoci su - tuttavia - (inevitabili?) "mistificazioni".
Sembra muoversi, la vicenda di Clara, su un doppio piano. La propria ferrea volontà di successo, anche provando ad alzare (artificiosamente) il proprio livello gerarchico (da attrice a "imprenditrice" nel mondo del pay-porn indipendente del web) che si scontra con una società che se da una parte induce a mettersi a nudo in cambio di... (successo? notorietà? fama e gloria?) dall'altro prende le distanze dal re nudo (in senso letterale) pur ignorando in parte la propria ipocrisia di fondo. Il porno non è (non può? lo sarà mai?) essere pubblicamente e socialmente accettato, ma se esiste un germe alla sua radice questo si è già radicato nel nostro modo di socializzare le nostre vite.
E passa una riflessione, ad un certo punto, che merita di essere sottolineata, e che semplifico così. Oggi vi è una sostanziale gratuità dell'esibizionismo. Ti fai fare due foto le metti in rete e sei pubblicato. Una gratuità (che altro non è se non il più basso livello di mercificazione, perchè il gratis è il senza valore, è il 100% inflazionato) che, anche quando non si spinge al presunto eccesso dell'hardcore di pompini e penetrazioni, ma si ferma ad ammiccamenti e sensualità ostentata, è già potenzialmente-pornografica-in-sè, semplicemente perchè capace di svilire una sfera intima personale spogliata della sua inviolabilità prima che dei suoi abiti.
Sul terreno di gioco rimane un cadavere. Esiste una corsa all'esibizione che è indotta dalla mentalità dominante (e dai mezzi di comunicazione emergenti che la caratterizzano). Forse il porno indipendente è solo l'eccesso più efficace per descrivere l'iperbole di una deriva che togliendoci intimità rende più insicuri i nostri passi e meno certi i nostri esiti.
Ma resta il fatto - che necessita di grande e matura consapevolezza - che ogni nostro pensiero pubblicato e pubblicizzato, e quindi messo a nudo, è definitivamente messo in gioco.
venerdì 18 marzo 2011
17 marzo, Unità d'Italia, Inno di Mameli in minore (o come diceva Nino Cò: la va 'n minur)
giovedì 17 marzo 2011
La pornoattrice della porta accanto

L’essere considerate oggetti sessuali non è più un elemento di discredito, ma al contrario un mezzo per sentirsi realizzate e per realizzarsi nella vita e nel lavoro. Clara vuole fare porno perché pensa che dietro al fenomeno ufficiale, da sempre circondato da un alone negativo, ne possa esistere una forma “buona e utile”.
di Raunch girl, documentario prodotto con il sostegno della neonata Sonne Films e della più longeva Sarraz Pictures, vi parlerò nei prossimi giorni. Intanto ve lo segnalo.
mercoledì 16 marzo 2011
Famiglia e matrimonio (quelli che razzolano male)

Ricordo, in occasione del referendum sul divorzio del '74, d'aver chiesto a bruciapelo, e senza alcun fair play, ad un esponente D.C., testimone del no al divorzio e del matrimonio “indissolubile”, perché volesse negare ai cittadini ciò che si sapeva aspettasse in grazia per se stesso. Già, “politically scorrect”, da parte mia! Ma non l'ho più visto in giro per l'intera campagna elettorale. In compenso, tempo dopo non mi è mancata l'occasione, con una certa qual mia faccia tosta, di congratularmi con lui per la sua nuova famiglia. E, pure con la nuova moglie, del fatto “provvidenziale” che il marito avesse perso il referendum.
Che vi devo dire, a me il politicamente scorretto Claudio Bragaglio, che quando ti coglie in fallo sembra voglia dirti "domani venga accompagnato dai genitori", piace un casino.
L'unità d'Italia, una vicenda comunale

L'essere uniti non deve farci perdere la percezione di quale è la nostra forza di italiani. Una forza che pone le sue radici nell'essere stati divisi ed aver sognato il momento in cui avremmo avuto una sola bandiera. Non è quindi una contraddizione amare la nostra patria in quanto bresciani, con forti radici territoriali, radici anche e soprattutto comunali. Il nostro sentimento patriottico nasce prima di tutto dall'amore per la nostra città. Perchè siamo l'Italia dei Comuni e questo è il nostro peculiare elemento di forza, identità e libertà culturale.
da Wikipedia
Con Risorgimento la storiografia si riferisce al periodo della storia d'Italia durante il quale la nazione italiana conseguì la propria unità nazionale, riunendo in un solo nuovo Stato - il Regno d'Italia - i precedenti Stati preunitari.
Il termine, che designa anche il movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiama l'ideale romantico e nazionalista di una resurrezione dell'Italia attraverso il raggiungimento di un'identità unitaria che si era iniziata a delineare durante la dominazione romana, la cui specificità «...valse a imprimere sull'Italia un tratto oggettivo di esperienza unitaria...»[1]. Tale processo si arrestò definitivamente nella seconda metà del VI secolo.
Sebbene non vi sia consenso unanime tra gli storici, la maggior parte di essi tende a stabilire l'inizio del Risorgimento, come movimento, subito dopo la fine del dominio Napoleonico e il Congresso di Vienna nel 1815, e il suo compimento fondamentale con l'annessione dello Stato Pontificio e lo spostamento della capitale a Roma nel febbraio 1871.
Tuttavia, gran parte della storiografia italiana ha esteso il compimento del processo di unità nazionale sino agli inizi del XX secolo, con l'annessione delle terre irredente, a seguito della prima guerra mondiale. Anche la Resistenza italiana (1943-1945) è stata talvolta ricollegata idealmente al Risorgimento.[2]
Sin dalla nascita del Regno d'Italia, sono state mosse critiche al processo di unificazione, le quali hanno dato origine ad una storiografia revisionista, di varia ispirazione culturale ed ideale, che contesta in diverso modo la rappresentazione offerta dalla storiografia più diffusa circa i processi politici e militari che condussero all'unità d'Italia, tanto da influenzare, in taluni casi, l'origine di movimenti autonomisti e separatisti, meridionali e settentrionali.[3]
Telecrazia e partecipazione

Ha assolutamente ragione l'assessore del Comune di Brescia Paola Vilardi (PDL) quando afferma di essere contraria in linea di principio alla trasmissione in diretta delle sedute del consiglio comunale (me lo sono appuntato: erano le 11.20). Vilardi elenca una serie di inconvenienti, tra cui quello di trovarsi a sottomettere i tempi televisivi a quelli del dibattito politico assembleare.
E' successo lunedì, durante la seduta del Consiglio comunale di Brescia che ha fatto il punto politico sull'attuazione del programma della Giunta del sindaco Adriano Paroli, registrando alcune defezioni al momento del voto nella maggioranza. Ovvero: laddove nulla poterono le carte bollate (e quelle di credito) riuscirono invece le rampanti ambizioni personali e gli eccentrici personalismi.
Dice bene Vilardi, e potrebbe aggiungere altre considerazioni:
- lo strumento televisivo è per sua natura invasivo, prende il sopravvento sui contenuti (oltre che sui tempi, come giustamente rilevato). Infatti il dibattito svoltosi lunedì a Brescia in consiglio è parso più una parata di comizietti politici di esponenti che credevano di poter avere il loro momento di notorietà, dicendo la loro a potenziali elettori attraverso la tv, piuttosto che un organico dibattito politico su presente e futuro della città. E questo è talmente vero che anche se del proprio intervento non si avrà nessun riscontro oggettivo (feedback, dati di audience, sentiment eccetera) l'occasione di 8 ipotetici minuti di gloria è talmente ghiotta da far passare ad un piano secondario il reale contributo apportato alla discussione, sacrificato sull'altare degli sms al gentile pubblico da casa.
- la partecipazione della gente al pubblico dibattito è svilita e potenzialmente ridotta ad un tifo televisivo da stadio. Perchè sfido chiunque a trovare un cittadino bresciano che abbia seguito le 15 ore intere di diretta. Per gli stessi giornalisti presenti districarsi tra le decine di argomenti sollevati con accenni flash era praticamente impossibile. Il risultato è che ognuno si riconosce in ciò che conosce e capisce al volo, perchè lo strumento (la tv) è volatile ed inafferrabile e lascia solo spazio alle percezioni
Purtroppo le parole dell'assessore Vilardi sono rimaste isolate, ma se veramente quello che si ha a cuore è la partecipazione, un confronto franco ed aperto sulla necessità di una rinnovata comunicazione istituzionale verso il cittadino - anche attraverso la tv - rimane un nodo aperto ed irrisolto che merita un approfondimento.
mercoledì 9 marzo 2011
The Yum Yums al Lio Bar
Ieri sera al Lio Bar tra quattro chiacchiere e una birretta sulle rotaie si sono inseriti anche i Blink 182 norvegesi, The Yum Yums. Energia pura per gli amanti del pop punk, del divertimento live, della cioccolata bianca. Astenersi perditempo e cavialisti musicali...
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=OVedWwhu80o&w=640&h=390]
PS: il cavialista musicale è colui che deve forzatamente trovare tecnica e ricercatezza in ogni cosa che ascolta (perdendosi forse gran parte del bello della musica...)
"puoi anche vivere una vita a mangiare salmone e caviale, ma arriverà un momento in cui sarà irrefrenabile la voglia di pane e salame (e ti sfido ad averlo buono e stagionato... il salame)" (g.a.)
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=OVedWwhu80o&w=640&h=390]
PS: il cavialista musicale è colui che deve forzatamente trovare tecnica e ricercatezza in ogni cosa che ascolta (perdendosi forse gran parte del bello della musica...)
"puoi anche vivere una vita a mangiare salmone e caviale, ma arriverà un momento in cui sarà irrefrenabile la voglia di pane e salame (e ti sfido ad averlo buono e stagionato... il salame)" (g.a.)
mercoledì 2 marzo 2011
Brescia, l'aspirante città universitaria che chiude i locali alle 22. (Dopo il carosello tutti a nanna)
Le ordinanze antighetto non piacciono proprio a nessuno. Ecco un passaggio del discorso del rappresentante degli studenti Andrea Curcio durante l'inaugurazione dell'anno accademico dell'altro giorno (nel video trovate questo passaggio al minuto 9' 30")
In questi mesi si è detto che la capacità del vicesindaco Fabio Rolfi è quella di ascoltare le istanze della città. Beh, questo sms degli studenti universitari mi sembra abbastanza chiaro. Speriamo sia in ascolto.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=vNMQXLRqW0E&w=480&h=390]
L’Università di Brescia ha le potenzialità per guidare un serio cambiamento, ma in questo cambiamento deve necessariamente essere accompagnato dalla città e dalla cittadinanza. Quindi, ben venga il progetto di un campus universitario nel centro storico, ma che questo non rimanga chiuso in se stesso. Che l’università si apra alla città e che la città si apra all’università. Per lo stesso motivo bisogna dare la possibilità agli studenti di poter vivere la propria città. E’ quindi controproducente far chiudere i locali di aggregazione della zona universitaria di San Faustino entro le dieci di sera, adducendo pretestuose motivazioni di ordine pubblico. Come studenti universitari chiediamo una città a misura di giovani.
In questi mesi si è detto che la capacità del vicesindaco Fabio Rolfi è quella di ascoltare le istanze della città. Beh, questo sms degli studenti universitari mi sembra abbastanza chiaro. Speriamo sia in ascolto.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=vNMQXLRqW0E&w=480&h=390]
martedì 1 marzo 2011
I ministri del Governo Berlusconi, dal dispotismo illuminato al catenaccio all'italiana

In questi tre anni di governo Berlusconi ho avuto modo di seguire gli incontri di diversi ministri giunti a Brescia. Trovo assai curiosa l'evoluzione del tono che gli stessi usavano ed usano. Siamo passati dal "ghe pensi mi", dalla richiesta di una fideistica adesione all'operato del governo, al minimo sindacale: "non sappiamo se facciamo bene o facciamo male ma questo è quel che sappiamo fare, abbiate pietà". Una evoluzione che li ha portati dall'ostentata sicurezza da despoti illuminati ad un minimalista "primo non prenderle" che più che altro ricorda il catenaccio all'italiana di cui era maestro il paròn Nereo Rocco. Difesa ad oltranza perchè non fare gol è meglio che prendere gol.
Il 29 luglio 2008 il ministro Luca Zaia (agricoltura) venne in visita ad una azienda agricola di Leno. E disse, in un comizio contornato da bandiere leghiste:
«nel 2015 il regime delle quote latte cesserà per legge e ci troveremo ad affrontare un altro problema: le stalle che saranno ancora aperte, infatti - ha concluso il ministro - avranno bisogno di un aiuto per la formazione del prezzo del latte». Ma in conclusione tranquillizza gli allevatori: «state tranquilli e belli coperti, non voglio casini: ora ci pensa il ministro».
Il 18 aprile 2009 durante la Fiera delle armi bresciana Exa, il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, venne interrogato su un pasticcio creato dal decreto tagliaenti di Renato Brunetta relativo al Banco di Prova delle armi di Gardone Valtrompia:
Il «Banco» era finito nell’occhio del decreto Brunetta sugli enti inutili, ma come ha spiegato Scajola: «si è trattato di una situazione non voluta perchè quando si fanno questi interventi si agisce come quando si pulisce casa e a volte si buttano anche le cose utili. Per questo avevamo lasciato 60 giorni di tempo per segnalarci anomalie». Il ministro ha così garantito agli imprenditori presenti a Brixia Expo: «che non ci sarà alcuna cancellazione, anche se la lettera è arrivata fuori tempo massimo. Non so come ma troveremo un modo per mantenerlo».
Pochi giorni dopo, il 26 maggio 2009 fu lo stesso ministro Renato Brunetta ad intervenire all'assemblea dell'Associazione industriale bresciana, spiegando:
«La pubblica amministrazione comporta 300 miliardi di spesa, di cui 192 miliardi di stipendi. Io non tocco le cifre, voglio aumentare del 50% la produttività. Perchè proprio del 50%? Semplice, me lo sono inventato».
Evito di dire che due dei tre interessati non sono più al loro posto, che l'iter di salvataggio del Banco di Prova solo in questi giorni sembra aver avuto un suo compimento e che sulle quote latte la partita resta aperta (e si spera che l'invito a "stare coperti"... "continuando a violare le norme" del ministro Zaia rimanga lettera morta).
Ma i tre interventi sono assolutamente emblematici: "ci penso io", "non so come ma troviamo un modo", questo obiettivo "me lo sono inventato". Riflettono un metodo dispotico. Non c'era programmazione, logica, azione coordinata in quello che i ministri promettevano. Solo un preteso fideismo, una richiesta di adesione fiduciaria totale, un atteggiamento da principe illuminato che fa il tuo bene in nome e per conto tuo... che tu lo voglia o meno.
Ieri a Brescia c'erano ben due ministri. L'occasione ghiotta era l'inaugurazione dell'anno accademico. Il nuovo rettore Sergio Pecorelli, un'apertura in pompa magna con 12 rettori, un momento solenne. Sono intervenuti il ministro dei ministri, colui che oggi pesa anche più del presidente del consiglio sulle sorti del Paese, Giulio Tremonti, e con lui il ministro della sanità Ferruccio Fazio.
Di certo non verranno tacciati di eccessivo ottimismo, nè di vendere promesse irrealizzabili. L'approccio dei due ministri, che si sono divisi il compito di rispondere al rettore Sergio Pecorelli ed al rappresentante degli studenti Andrea Curcio, è minimalista, senza proclami. «Stiamo facendo abbastanza per i giovani?» aveva chiesto il rettore. «Non lo so, posso solo garantire che i miei colleghi nel governo hanno una grande onestà intellettuale» è stata la replica di Fazio. Mentre Tremonti ha constatato: «A sentire Curcio andiamo indietro, mentre Pecorelli pare dire che possiamo andare avanti. Deduco che di certo non siamo fermi». Lapalissiano ma tutto sommato positivo: «Non credo alla retorica del declino - ha spiegato - siamo consci dei nostri limiti ma proprio per questo dobbiamo avere equilibrio nel valutare il presente e pensare il futuro».
Passatemi il paragone calcistico: siamo passati dall'aggressività di chi si crede superiore e più forte rispetto a tutti gli avversari al punto di poter bypassare di netto ogni ipotesi di schema, organizzazione, impostazione logica, al catenaccio all'italiana che riporta agli anni '60 ed al paron Nereo Rocco. Minimalismo al minimo sindacale, "non abbiamo i piedi buoni ma corriamo tantissimo", come quando si parla degli assessori come di gente "che lavora tanto", come se in politica il problema fosse fare qualcosa a prescindere dalla bontà del risultato.
E' triste lo scenario offerto da un Governo che non ha più certezze, che sta tendenzialmente fermo e se si muove sente la necessità di giustificarsi preventivamente perchè si è mosso. Non parlo di bunga bunga ma di atti di Governo, di ciò che profondamente dovrà delineare (almeno nelle sovrastrutture) il nostro futuro.
Lo dico - e ne sono convinto - da tremontiano. Perchè il ministro dell'Economia, che ammiro per le scelte collegate al contesto in cui si trova a lavorare (un po' meno per le scelte in sè) e considero l'ultimo baluardo di salvezza del nostro Paese (sempre rispetto al contesto, non come valore assoluto), così dicendo svilisce il suo stesso ruolo all'interno della compagine, e probabilmente lo fa scientemente scaricando tutto ciò che è strategia e prospettiva e limitandosi ad una difesa oltranzista del risultato. Barricate allo stato puro. Non posso negare che molto si stia tentando di fare, ma non si può condividere la sarcastica constatazione del fatto che tutto fa schifo "eppur si muove".
Posso dire meno del ministro Fazio, ma il suo richiamo all'onestà intellettuale dei ministri è off topic, fuori contesto, sa di ultimo baluardo di difesa dall'incapacità. Pare di rileggere le motivazioni dell'archiviazione del caso carte di credito a Brescia: non ladri ma sprovveduti, ma stavolta in chiave preventivamente autodescrittiva. Perchè la buona fede è una condizione imprescindibile della politica, non una forma di autoassicurazione su ipotetici insuccessi futuri. Ed è inaccettabile che - proprio mentre parlano a studenti e docenti di una efficiente università del Nord - due ministri spengano il volume dell'ottimismo e riportandoci indietro di 600 anni a Lorenzo dè Medici ci spieghino sostanzialmente che:
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siam, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
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