mercoledì 10 novembre 2010

San Faustino by night

Per arrivare alla gru del metrobus dove da dieci giorni stanno asserragliati i clandestini bisogna prendere via San Faustino. Quella della fiera. Quella che un mio amico di destra diceva di non voler vedere nemmeno in cartolina perchè troppo straniera per uno come lui. Ed invece, in mezzo a loro, ci andò ad abitare.

Si fila dritti fino in fondo e sembra di stare alla notte bianca, c'è gente che si muove, che sta ferma e guarda il cordone di polizia. Sembra di stare alla notte bianca, come qualche settimana fa. Ma la notte è nera. Dopo gli scontri c'è ancora l'odore della paura nell'aria. Meno di quarantotto ore fa la polizia ha caricato, ha fatto arretrare il presidio. Perchè? Per cosa? Ora la gente sta cento metri indietro, ma continua a guardare naso all'insù quei sei disperati che minacciano di buttarsi se non avranno garantita l'incolumità. Un lavoro. Un foglio di carta che dice che esisti. Nemmeno loro sanno in che ordine stanno oggi il loro progetti.

Non c'è nessuna differenza tra quelli che stanno di là e di qua dal cordone. Recitano un ruolo, obbediscono agli ordini, stanno a teatro. E quando vanno allo scontro, armati o disarmati che siano: hanno paura. Sono uomini. Hanno potere. Vogliono potere. Sono donne. Vogliono potere sugli uomini. Avranno potere.

Viviamo in una città in guerra. C'è una pistola puntata che nessuno sembra vedere e forse non saranno loro a morire. Forse sarò io, perchè non si sa mai da che parte sta la vittima. Come Giuliani, come Raciti. Uno di qua e uno di là. Forse moriranno quelli che verranno dopo. Forse ci diranno che la guerra è risolta, ma continueremo a viverla mentre berrermo un caffè fianco a fianco con un uomo che non è nato a Brescia.

La democrazia non è una formuletta. E' una cosa che si sperimenta giorno per giorno. E noi viviamo la notte della nostra libertà. Glielo ha detto, il mio amico Enzo, che le cose stanno così. Che giù di là la vita è compromessa. Che quando tutto finirà l'odio continuerà a serpeggiare. Fino a quando non impareremo a guardare l'orizzonte oltre il dito.

1 commento:

  1. Mi è piaciuta, credo la racconterò a mio figlio semmai ne avrò uno. Gli racconterò anche che per manifestare non serve mettere a ferro e fuoco una città.
    Gli racconterò che quando vai in un posto, non è né scontato né tantomeno obbligatorio che quel posto risponda alle tue esigenze.
    Gli scontri visti hanno dell'assurdo: i centri sociali che combattono per la pace ed i diritti sono gli stessi visti a Genova?
    Una volta, se la memoria non m'inganna, tu scrissi "fare una guerra per la pace è come chiavare per la verginità"?
    Lo pensi ancora?
    Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Credo che ora lo spiraglio di trattativa sia ben oltre i 35 metri di altezza.
    E se ci sarà auspico che tutti per vincere la propria causa, giusta o sbagliata che sia, salgano su una gru oppure vadano a bruciare automobili.
    Io sono leghista, quindi non posso esprimere opinioni a riguardo perchè non so vedere oltre il razzismo.
    Sarà così, del resto l'italia poggia sul luogo comune!
    Io non ce l'ho nel modo più assoluto con gli extracomunitari: ben venga che raggiungano l'Italia per farsi una vita, per godere dei diritti se consapevoli dei doveri. Ma ahimé quando la domanda supera l'offerta si collassa, e con le buone parole e gli slogan non si esce dal coma, anzi si peggiora!
    Mi piace leggere sui vari blog la storia di sei disperati che lottano contro la tirannia degli uomini malvagi. Ci vendono storie struggenti legate all'immigrazione (di cui noi stessi italiani fummo l'esempio peggiore!).
    L'ho già vissuta coi Rom: tanti ne parlavano col cuore aperto, fintantoché non alloggiavano nel loro orticello!
    Raccontiamo tutto allora, non solamente di una storia di permessi ingannati: raccontiamo le graduatorie degli alloggi per universitari diventati dimora di extracomunitari che, iscrivendo un figlio all'università, ci vanno a vivere con la famiglia.
    Raccontiamo delle pensioni di cui può godere un extracomunitario, seppure non abbia mai lavorato in Italia e quindi non abbia mai pagato le tasse, per il ricongiungimento familiare.
    Questi non sono esempi di "rifarsi una vita", ma di "mungere la vacca".
    Un giorno diventeremo come New York: Harlem, Bronx, Manhattan, Queens, Chianatown, LittleItaly... dove nessuno entra nel quartiere dell'altro in nome di quella che chiamate integrazione (ah, io la chiamo ghettizzazione, ma sono un leghista!)...

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